L'Arena nel Colosseo? Una ciclica tentazione 17-11-2014 Rossella Rea
L’ARENA NEL COLOSSEO? UNA CICLICA TENTAZIONE
Rossella Rea
Il dibattito sulla costruzione, o meno, del piano dell’arena nel Colosseo, iniziato oltre un secolo fa, periodicamente si rianima, da ultimo con il recente intervento – un po’ provocatorio?- dell’amico Manacorda, al quale volentieri racconterò una storia.
La prima proposta di ricostruzione data al 1895, quando poco più della metà dei sotterranei era in luce. Nel 1873, infatti, “il cavamento delle terre” era stato sospeso per l’inondazione causata “dagli scoli delle acque sorgive che vi affluivano”, la cui maleodorante stagnazione si protrasse per ben 10 anni, fino alla costruzione del grande collettore dell’Esquilino che liberò dalle acque i sotterranei, ma tranciò definitivamente la galleria di collegamento tra l’anfiteatro e il Ludus magnus. Promotore dell’iniziativa presso il Ministro dell’Istruzione Pubblica fu l’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti di Roma, nella persona dell’ingegnere Domenico Marchetti che suggerì al Ministro di completare gli sterri per rendere di nuovo praticabile e libera la circolazione sul piano dell’arena “collo stabilire una conveniente impalcatura, parziale o totale costruita in ferro e legname”. La proposta non ebbe seguito, essendo all’epoca ignoto lo stato di conservazione delle strutture ancora sepolte,
Marchetti è stato il precursore. Il secondo proponente fu, intercessore il Ministro dell’Educazione Nazionale, il Governatore Francesco Boncompagni Ludovisi. Al Soprintendente ai Monumenti di Roma, Alberto Terenzio, fu chiesto di procedere allo scavo integrale degli ipogei e allo studio di una eventuale copertura ai “diversi fini della protezione dei resti sottostanti, della restituzione dell’aspetto del monumento, della creazione di un vasto piano utile per i convegni…che l’apertura della via dell’Impero rende ogni giorno più facili e frequenti”. Al Ministro, però, era sfuggito che il progetto, inviato già da un anno dallo stesso Terenzio, giaceva inevaso presso gli uffici ministeriali.
All’ipotesi del Governatore, di utilizzare il piano dell’arena per i convegni, faceva, infatti, eco la proposta di Terenzio, vòlta a provvedere “ancora meglio alla destinazione dell’Anfiteatro per solenni adunate”. Eppure lo stesso Terenzio, nel 1932, a fronte dei danni compiuti dagli avanguardisti in occasione delle adunate, tra cui “frantumazioni” di marmi e capitelli, aveva rappresentato al Ministro il gravissimo pericolo del ripetersi di grandi affollamenti al Colosseo e chiesto di scongiurare il ripetersi di simili concessioni del monumento. Ciononostante, nel 1932, si ventilò di sostituire l’originaria copertura di legno con un bel lastrone di cemento armato utile a garantire “una visione molto più esatta della struttura originale dell’Anfiteatro e della sua grandiosità” e necessaria per le “speciali adunate”. La realtà del Colosseo negli anni ‘30 del XX secolo è ben descritta da G. Sauve: “il pubblico che si reca al Colosseo è sempre più numeroso. Non solo turisti, viaggiatori isolati e in piccole comitive: vi si tengono ora delle solenni adunate dei Fasci, dei Dopolavoro; grandi riunioni di pellegrinaggi, predicazioni, Vie Crucis, come quella solenne del Venerdì di Passione”, come ben documentato dai numerosi filmati dell’Istituto Luce. Ancora una volta il progetto non ebbe seguito.
Lo sterro dei sotterranei fu completato alla fine degli anni ‘30 del secolo trascorso, e solo nel 1949 fu riproposta, per il Giubileo del 1950, l’ipotesi di una copertura, che in quell’occasione fu realizzata con un semplice impiantito di legno, probabilmente poco o affatto praticabile, in parte poggiato sui bordi dell’arena, ma sicuramente sostenuto da un fitto impalcato, il tutto rimosso al termine del Giubileo. Si trattò di un evento eccezionale, effimero, come effimera fu, nel 1985, l’audace riproposizione di un settore delle gradinate della cavea nell’ambito della prima mostra realizzata nel Colosseo, a cura dell’IPSOA, “L’economia tra le due guerre”. Un’installazione didattica che riscosse un enorme successo.
Come fosse il piano dell’arena, oggi, lo vede e lo comprende chiunque, perché una porzione è già stata ricostruita nel 1998 e ospita, in rare occasioni, eventi a carattere altamente istituzionale e/o umanitario, come si addice a un monumento unico come il Colosseo i cui sotterranei, caro Daniele, lungi da evocare nell’immaginario collettivo visioni pulp, sono un monumento nel monumento, l’unica parte del Colosseo che ci è giunta, in assenza di riusi, cristallizzata nell’assetto che aveva alla fine del V secolo quando, anche per effetto dell’innalzamento della falda, fu completamente interrata. Tuttavia, nel 1992 la Soprintendenza archeologica di Roma valutò la fattibilità di una copertura ed elaborò nel 2002 il progetto preliminare per l’estensione del piano realizzato nel 1998 fino alla mezzeria dell’invaso, ma non oltre. Se il progetto non ha avuto seguito, i motivi sono molteplici e tuttora validi. E infine: oggi dal piano dell’arena la visuale del gigantismo architettonico è già garantita, al contrario manca la visuale opposta, dall’attico verso l’arena, e questa lacuna sarà presto colmata. Ma, caro Daniele, sai di cosa ha urgentissimo bisogno il Colosseo? Di una cosa banale nella sua essenzialità: i servizi, tanti, ma da collocare fuori dal monumento, in quello che era, e deve tornare ad essere, lo spazio a servizio dell’Anfiteatro. Avanti il prossimo!
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