Intervista ad Adriano La Regina (versione integrale) 24-01-2016 Alessandra Rubenni
Intervista ad Adriano La Regina in versione integrale rispetto alla sintesi pubblicata su "Il Fatto Quotidiano"
“L'idea è di lasciare mano libera alle cosiddette attività di sviluppo, che possono essere devastanti”. Adriano La Regina, protagonista di grandi battaglie per gli oltre trent'anni che fino al 2004 lo hanno visto alla guida della soprintendenza archeologica di Roma, trova il filo rosso della continuità tra questa riforma e i provvedimenti che si sviluppano da anni, “dall'epoca del ministro Urbani”, ci tiene a precisare, “con l'intento politico di indebolire gli strumenti di controllo e tutela del territorio”. Professore, una bocciatura secca? Tutto il processo sembra indirizzato a far funzionare gli uffici con intenti turistici più che culturali e riassorbire il quadro normativo dentro la cornice urbanistica. Abbiamo insegnato al mondo la tutela e ora dobbiamo diventare gli ultimi. Oggi il Mibact dovrebbe affrontare in modo deciso vecchie e nuove sfide, compresa la difesa dei suoli agricoli o il recupero delle periferie. Non è detto che ci si debba occupare solo di merchandising. Ronchey disse che nei musei si potevano vendere anche le cartoline e va benissimo. Ma che la politica nazionale sia questa è una vergogna, una cosa che ci mette in imbarazzo di fronte al mondo. Cosa pensa nel merito delle misure previste dal decreto Franceschini? Su possibili accorpamenti e sulle autonomie si è discusso molto, a partire dagli anni '80: Finora si era sempre preferito mantenere i musei nelle soprintendenze, perché il patrimonio esposto viene dal territorio. É diverso per i grandi musei stranieri, che si alimentano sul mercato e i reperti li comprano. Da noi la ricerca e la tutela, in funzione della fruizione, sono legate e separarle produrrà grossi problemi. E la revisione delle soprintendenze? In generale mi sembra che le finalità siano l'aspetto turistico, la commercializzazione più banale e la capacità di fare soldi, ma anche in quest'ottica non si capisce perché andare a manomettere dei sistemi che funzionano, come la soprintendenza archeologica di Roma, che grazie al flusso dei visitatori era autosufficiente e anzi alimentava altre strutture. In Molise io ho diretto una soprintendenza che si occupava di tutto e andava bene in quella dimensione. Ma a Roma o a Firenze ci sono problemi tali che gli accorpamenti causeranno una confusione totale. Pensi cosa significa mescolare archivi, biblioteche, strumenti… per anni non si capirà più niente. Niente razionalizzazione? Figuriamoci. Questa è una polverizzazione generale. Che senso ha a Roma perimetrare le competenze delle soprintendenze fuori e dentro le Mura Aureliane? Questo va bene per la Ztl. E separare l'Appia Antica dalla soprintendenza facendone un ente autonomo? Si produce un'elefantiasi burocratica pari a quella che dentro al ministero ha portato al proliferare delle direzioni generali, utili a creare posti per scopi clientelari. E il ricorso ai direttori stranieri? Se i nostri direttori d'orchestra vanno a dirigere la Filarmonica di Vienna non vedo perché non possano venire dall'estero a dirigere i nostri musei. Il punto è come lo si fa. Se l'obiettivo è avere una qualità altissima, bisogna fornire strumenti e stipendi idonei. Se sono sotto la media internazionale non funziona. Poi c'è una tale mortificazione di tanti studiosi e funzionari che hanno lavorato bene, che diventa offensiva la ricerca di personale alternativo pur di toglierli di mezzo. Sospetto che non interessi molto la capacità culturale e di ricerca. Cosa succederà con la norma sul silenzio assenso e poi con la possibilità, prevista dalla riforma Madia, di assorbire le soprintendenze nelle prefetture? Insieme alla mancanza di personale renderà le soprintendenze assolutamente incapaci di svolgere la tutela. Oggi gli uffici devono avvalersi di collaboratori esterni precari e la situazione va peggiorando. Accorciare i tempi per dare un parere significa dire che non c'è bisogno dei permessi delle soprintendenze e che le cose si fanno lo stesso. Ora si stanno programmando 500 assunzioni al Mibact, ma sparse in tutta Italia incideranno poco o niente.
|