Vanificata la tutela di paesaggio e patrimonio nella nuova disciplina della conferenza di servizi 26-09-2016 Giovanni Losavio
Vanificata la tutela di paesaggio e patrimonio nella nuova disciplina della conferenza di servizi.
Il ministro Franceschini non ha ritenuto che vi fosse motivo non diciamo per le dimissioni ma neppure per un voto contrario nel consiglio dei ministri che ha inteso dare attuazione alla delega data al governo dalla legge Madia per la riforma della pubblica amministrazione, con particolare riferimento alla nuova disciplina della conferenza di servizi, l’apposito procedimento previsto per la valutazione contestuale delle opere di rilevante impatto su territorio, ambiente, paesaggio, patrimonio, che coinvolgono più interessi pubblici. Dunque Franceschini ha partecipato alla approvazione del decreto legislativo che depotenzia (e in pratica vanifica) il ruolo delle diffuse istituzioni della tutela del patrimonio storico e artistico e del paesaggio (le soprintendenze) nei rapporti con le diverse istituzioni pubbliche (regione ed enti locali) e i diversi uffici dello stato. Le determinazioni della conferenza saranno infatti adottate a maggioranza e il soprintendente (o il diverso organo rappresentativo della medesima funzione), presente per far valere le ragioni della tutela, ben potrà essere posto in minoranza. E’ perfino ovvio rilevare che il principio maggioritario regola le determinazioni degli organi collegiali a composizione omogenea, nel senso che tutti i componenti sono tenuti ad orientare la propria valutazione ai medesimi criteri. Non così invece nella conferenza di servizi dove sono chiamati a partecipare i rappresentanti di diverse istituzioni e competenze concorrenti, tenuti a dare attuazione alla rispettiva disciplina, dovendo la determinazione conclusiva corrispondere al rispetto di tutti i diversi interessi pubblici in campo. Al contrario il voto maggioritario nella conferenza di servizi attribuisce alla maggioranza dei partecipi il potere di sacrificare uno o più degli interessi implicati nella specifica determinazione, il potere cioè di derogare alla vincolante disciplina degli interessi così sacrificati. Un risultato assurdo conseguito da una previsione di legge palesemente e in assoluto irragionevole, che per altro specificamente contrasta con il principio di primarietà della funzione di tutela di patrimonio e paesaggio se alla maggioranza è dato il potere di precluderne in concreto l’esercizio. Né può dirsi rimedio adeguato la prevista facoltà di rimettere la questione al consiglio dei ministri nei dieci giorni successivi alla determinazione maggioritaria, la cui efficacia rimane perciò sospesa. Non solo il termine è tanto breve che sarà arduo in ogni caso rispettarlo, ma innanzitutto l’aver accentrato la determinazione di attivare il consiglio dei ministri, sottraendola al soprintendente (o al diverso organo nella specie rappresentativo della medesima funzione) che ha espresso il voto minoritario nella conferenza di servizi, significa affidare alla valutazione di opportunità politica del ministro, come tale discrezionale e incontrollabile, un compito che implica l’esercizio dei poteri di tutela e perfino la rinuncia al riguardo. Quando la previgente disciplina al voto contrario del soprintendente faceva conseguire, per superarlo, l’automatismo della rimessione alla decisione del consiglio dei ministri. Senza dire che palese è la incompatibilità funzionale del duplice ruolo del ministro, di promozione della decisione del consiglio e di partecipazione alla stessa decisione. Insomma un sistema concepito per degradare la funzione di tutela di patrimonio e paesaggio, rimuovendola dal ruolo di insuperabile verifica di compatibilità delle opere di maggiore incidenza sugli assetti fisici esistenti. Un sistema che palesemente si espone a rilievi di legittimità costituzionale per contrasto con il principio di primarietà e indefettibilità della funzione di tutela di patrimonio e paesaggio. E alla determinazione di un simile sistema ha consapevolmente partecipato, con il suo voto in consiglio, il ministro Franceschini che si è affrettato a dare le istruzioni applicative attraverso la sollecita circolare del suo ufficio legislativo, fedele e adesiva esplicazione della disposizione che sancisce lo statuto di minorità delle istituzioni di tutela. Giovanni Losavio.
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