Strategie e progetti territoriali per i beni culturali italiani 16-06-2006 di Davide Ponzini
Questa breve nota prova a ripercorrere sinteticamente i principali temi affrontati nel seminario “Gestione e valorizzazione dei beni e delle attività culturali: strategie e progetti territoriali”, tenuto il 31 Maggio 2006 presso il Politecnico di Milano e a cui hanno partecipato Alberto Clementi, Piero Gastaldo, Pier Carlo Palermo e Davide Ponzini.
Tendenze. Nell’ultimo decennio, sono emerse nuove tendenze nel campo dei beni e delle attività culturali italiani. A fronte della riduzione delle risorse statali disponibili, alcuni processi di trasformazione del settore stanno introducendo soggetti ed interessi privati e nonprofit nella gestione e valorizzazione e nella progettazione di interventi sulle strutture culturali. In questi processi, anche gli Enti Locali stanno assumendo un ruolo crescente. Anche se in modo controverso, emergono i primi segni della possibile associazione tra progetti di sviluppo urbano e di trasformazione territoriale e la valorizzazione di beni culturali. Gli esiti di questi processi non sono finora soddisfacenti, né in termini di progressiva riduzione dell’impegno statale, né di capacità di attrazione di risorse private. Le implicazioni più significative di questi cambiamenti sembrano risiedere nell’opportunità di rimodulare verticalmente ed orizzontalmente la governance dei beni culturali e di avviare più significative relazioni con i territori di cui i beni sono parte. L’osservazione di casi italiani di partecipazione di attori non-statali alla gestione ed alla progettazione di interventi per la valorizzazione dei beni culturali, ha fatto registrare esiti ambivalenti. Queste esperienze sembrano avere notevole efficacia nella trasformazione e qualificazione di contesti urbani, ma talvolta hanno indotto esiti modesti per le attese, sia pubbliche che private, di valorizzazione culturale e di sviluppo locale.
Rischi. Di fronte ai cambiamenti del settore, le più recenti risposte sembrano evidenziare il rischio di introversione delle politiche per i beni culturali. L’impegno di governo nella tutela è certamente garanzia indispensabile al mantenimento dei beni culturali, tuttavia non è sufficiente a salvaguardare il settore dalle fluttuazioni, attualmente non certo favorevoli, della disponibilità di risorse esclusivamente statali. Allo stesso modo, le funzioni di valorizzazione e promozione dei beni e delle attività culturali, se meramente intese nei termini di migliore utilizzazione e fruizione pubblica, sembrano piuttosto riduttive di fronte ai problemi ed alle opportunità emergenti. Queste ultime potrebbero non risiedere unicamente nella detassazione delle elargizioni private e nel solo interesse simbolico-pubblicitario del mecenatismo individuale. Insomma, non ci si può attendere nel medio periodo che l’interpretazione tradizionale delle funzioni di tutela e valorizzazione sia in grado di determinare un significativo mutamento nelle priorità del governo statale o nei costumi fiscali degli italiani. Sembra legittimo, e secondo alcuni urgente, interrogarsi sulle possibilità di reperire risorse addizionali a quelle ministeriali.
Strategie territoriali. Nuove strategie per il coinvolgimento di risorse non-statali e per la costituzione di network pubblico-privati potrebbero essere fondate sul principio della generazione e captazione di esternalità positive legate ai beni ed alle attività culturali. Infatti, oltre che dalle opportunità di detassazione delle sponsorizzazioni e del ritorno di immagine garantito dal sostegno alla Cultura, gli interessi locali sembrano essere sollecitati in particolar modo da processi di qualificazione urbana e di valorizzazione immobiliare, che possono essere associati ad interventi sulle strutture culturali e sui loro contesti. In questo senso, sembra importante esplorare i nessi diretti ed indiretti tra beni culturali e trasformazioni territoriali. L’interpretazione delle recenti modificazioni delle relazioni tra pubblico e privato permette di individuare prospettive progettuali innovative, utili a creare valore aggiunto, a permetterne la captazione da parte dei network locali e a destinare una quota parte del valore aggiunto al reinvestimento nella tutela, gestione, valorizzazione e promozione del patrimonio pubblico, nello sviluppo di attività economiche, sociali e culturali complementari ed interconnesse alla Cultura. Due linee d’azione. Una interpretazione delle nuove tendenze secondo la prospettiva strategica ora citata può suggerire l’ipotesi di integrare politiche culturali e progetti di trasformazione territoriale e di sviluppo di determinati contesti locali. Questa potrebbe essere una via da esplorare per reperire risorse aggiuntive a quelle statali, cogliendo due opportunità: da un lato programmando interventi integrati per la valorizzazione delle strutture culturali e lo sviluppo dei loro contesti fisici, economici e sociali, dall’altro esplorando meccanismi indiretti, utili a captare una parte del valore aggiunto generato dalle trasformazioni territoriali. In entrambi i casi la programmazione può essere destinata a singole polarità culturali e a reti e sistemi di beni e attività culturali, immaginando di intervenire sulle relazioni con attività sia economiche che sociali e culturali.
Programmi di sviluppo. Nel precedente ciclo della programmazione delle politiche comunitarie per lo sviluppo, le risorse culturali sono state un asse strategico. La programmazione regionale ha saputo raggiungere risultati significativi, ma probabilmente una minor frammentazione degli investimenti avrebbe garantito maggiore efficacia. Attualmente, la valorizzazione delle risorse culturali rientra nelle priorità del Quadro Strategico Nazionale in corso di definizione. Sulla base delle esperienze maturate e delle lezioni apprese, sembra possibile ricercare maggior coordinamento dei programmi su base nazionale ed individuare, in modo condiviso, un insieme prioritario di interventi strategici. Un tentativo di questo segno è stato affidato ai Programmi Operativi Nazionali di scorsa generazione, che tuttavia non sono sempre risultati soddisfacenti. Nel prossimo ciclo, si potrebbe immaginare di avviare, anche sul settore culturale, un Programma Operativo Nazionale, concentrando l’impegno del Governo su un numero altamente selezionato di progetti pilota, volti ad agire congiuntamente sul patrimonio e sulla qualificazione territoriale, generando contestualmente valore aggiunto da reinvestire sulla gestione e valorizzazione dei beni culturali stessi, sullo sviluppo di filiere ed attività complementari e interconnesse.
Progetti di territorio. In una diversa ipotesi di intervento, alcuni contesti locali con buone dotazioni urbane di base, potrebbero progettare interventi strategici volti a promuovere il territorio, attraverso il sostegno ai beni ed alle attività culturali. In analogia con certi processi insediativi, si può immaginare di sperimentare meccanismi fiscali, perequativi e di compensazione per destinare una parte del valore aggiunto generato dalle trasformazioni territoriali alle funzioni di tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali. La programmazione complessa nel settore delle politiche infrastrutturali ha da alcuni anni mostrato che è possibile attivare meccanismi di governance, che permettano di captare la valorizzazione territoriale data dagli interventi sulle strutture pubbliche e di reinvestirne una parte nella gestione e valorizzazione del patrimonio pubblico stesso. Nel settore dei beni e delle attività culturali, non si possono certamente sottovalutare le ambivalenze registrate nelle prime esperienze maturate in Italia. Sembra essere richiesta una attenta guida pubblica che definisca contestualmente meccanismi virtuosi di coinvolgimento di differenti attori, pubblici e privati, e che faciliti giochi a somma positiva, sia generando esiti favorevoli in termini di trasformazione e sviluppo del territorio, sia sostenendo una ferma garanzia pubblica di tutela. Il reperimento delle risorse necessarie all’avvio di questi processi potrebbe essere oggi problematico. Certamente, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, anche congiuntamente al Ministero per le Infrastrutture, avrebbe potuto in precedenza indirizzare l’azione di Arcus Spa verso una simile sperimentazione, che esprime obiettivi del tutto compatibili con la sua missione.
In conclusione del seminario, è sembrato che queste due linee d’azione, nonostante pongano alcune criticità, potrebbero essere percorribili anche nel breve termine. La prima richiederebbe un impegno programmatico del Governo nell’impostazione del Quadro Strategico Nazionale. La seconda ipotesi richiederebbe di sperimentare, anche nel settore dei beni e delle attività culturali, quanto appreso dalle recenti esperienze dell’urbanistica riformista.
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