La devastazione della Piana di Navelli si è compiuta. Nemmeno se ne parla più. Dimenticata. 20-01-2007 Ezio Pelino
L’epigrafe tombale l’ha scritta un grande della cultura e dell’archeologia, Adriano La Regina: ”Esempi di devastazione non mancano e, fra tanti, voglio citare l’altopiano di Navelli in Abruzzo, dove il potenziamento viario ha rovinato per sempre un affascinante paesaggio.” Ed ha aggiunto:”Servono controlli forti per evitare che i cantieri diventino distruttivi”. Coloro che avrebbero dovuto vigilare, infatti, non lo hanno fatto. Ora, a misfatto compiuto, qualcuno dovrebbe darci delle spiegazioni. Dovrebbe spiegarci perchè non fu posto il vincolo a difesa del patrimonio paesaggistico e archeologico. Non è vero, infatti, che non si sapesse quali tesori si nascondessero lungo l’antica Claudia Nova, dalla città romana di Peltuinum alla piana del guerriero di Capestrano.
Sarebbero bastati i reperti già acquisiti e la storia dei luoghi. Non aveva Adriano La Regina fin dagli anni sessanta, interpretando le testimonianze epigrafiche e toponomastiche, ipotizzato la presenza persino di una città sull’altopiano? La città di Incerulae. Ma a chi non voleva proprio vedere perchè voleva che la faraonica strada si facesse comunque non sono bastati nemmeno i cento sondaggi effettuati negli anni 2003/2004.
Questi avevano fatto emergere, al bivio per Caporciano/Bominaco, un grande edificio della prima metà dell’età imperiale, un ”mansio”, una sorta di albergo per i viandanti della via Claudia, un sepolcreto di età successiva e tanto materiale archeologico sparso in tutta l’area: tombe, ossa, cocci. Tutto faceva presagire, e lo capirono gli operatori, quanto c’era ancora di estremamente importante da scoprire e che fu, in effetti, scoperto dopo l’autorizzazione della strada. Un ecomostro orizzontale con un fronte di 50 metri rispetto ai 32 metri dell’autostrada Milano-Torino, dotata di tre corsie, della corsia d’emergenza e di un ampio spartitraffico centrale. A lavori in corso, sono emerse dieci importanti aree archeologiche. Di notevole interesse le cinque necropoli - 1700 tombe con i loro corredi funebri - dell’età del Ferro (I millennio a.C.) che permettono di arricchire lo stato delle conoscenze dell’area centrale del territorio dei Vestini, tre siti di età romana, fra cui, a Navelli, proprio i resti della città di Incerulae preconizzata da La Regina. A Cinturelli - lungo una via lastricata in pietra vulcanica, sicuramente la via Claudia Nova, voluta dall’imperatore Claudio, verso la metà del I secolo d.C., per allacciare la Via Salaria alla via Tiburtina - è emersa un’area “industriale” dotata di forni per la manifattura di oggetti in ferro e in vetro. A San Pio delle Camere, in località Diamante, un grande tempio in opus reticulatum dell’ età di Augusto e, ancora, mosaici, pareti intonacate e affrescate. Che ne sarà di tutto questo dopo aver completati gli studi e aver prelevato i reperti? Molto probabilmente verrà ric operto perchè vi corra sopra una delle complanari, un viadotto o uno dei tanti megasvincoli elargiti generosamente ai comuni secondo la logica sostenuta, con disarmante candore, da uno dei sindaci in un convegno dedicato di Legambiente: più rotatorie più sviluppo. Ma perchè la Soprintendenza per i beni Archeologici per l’Abruzzo non ha vigilato, impedendo lo scempio della Piana? La risposta sta nel fatto che l’ente che finanzia i sondaggi e gli scavi è l’Anas. Un corto circuito, un ennesimo conflitto d’interessi. L’Anas, il controllato, finanzia il controllore, la Soprintendenza. Questa, con la crisi dei finanziamenti pubblici, per fare ricerca archeologica deve evitare di ostacolare i lavori, deve piuttosto favorirli: fa così il pieno di reperti, riempie i musei, ma non esercita le sue facoltà di salvaguardia, disinteressandosi di un bene quale l’ambiente, un unicum irriproducibile di natura e storia. La piana di Navelli, all’ombra del Gran Sasso, un tipico luogo dell’anima per le sue suggestioni, per il verde dei suoi prati, il nero dei mandorli, la certosina secolare coltivazione dello zafferano, le umili ispirate chiese tratturali, i castelli rupestri, i paesi di pietra è stato derubato delle sue magie. Da una strana alleanza. L’Anas, con un progetto “redatto da persone che sembrano totalmente ignare dei valori culturali, paesaggistici, turistici e quindi economici”, e la Sovrintendenza, che non ha battuto ciglio, prendendo quello che poteva prendere e consentendo la disintegrazione di preziose aree archeologiche. Mentre tutti gli altri Enti, indifferenti come le stelle di Cronin, sono rimasti a guardare. La Soprintendenza per il patrimonio storico artistico, la Comunità Montana, la Provincia, la Regione. Sulmona, 20/01/07
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