Storia dell'arte nelle scuole 22-01-2007 Antonio V. GELORMINI
Alleluia! Qualche settimana fa, finalmente, l’annuncio da una voce autorevole come quella del Vice presedente del Consiglio e ministro dei Beni culturali On. Francesco Rutelli: “Bisogna che nelle scuole italiane si insegni più Storia dell’Arte. E’ incredibile che in un paese come l’Italia questa materia sia ridotta a pochissime ore di lezione nei licei classici, e sia del tutto assente in molti indirizzi scolastici”.
Insegnanti di Storia dell’Arte e Operatori del turismo culturale coglievano, con soddisfazione, il riscontro alle ripetute considerazioni sulla necessità di trasformare, in opportunità di lavoro e di crescita, l’immenso patrimonio storico, artistico e paesaggistico che ci circonda.
Dopo l’annuncio, però, il silenzio. Poco a poco, i contenitori hanno ripreso il sopravvento sui contenuti ed è sfumata l’urgenza di favorire una formazione davvero mirata. In grado, soprattutto, di accrescere la consapevolezza di abitare nel Paese col patrimonio artistico più ricco del mondo. La cui tutela e conservazione può e deve diventare motivo di interesse generale e occasione di sviluppo di attività produttive e creative.
Aspettative fiduciose erano state riposte nel contesto ideale della Reggia di Caserta. Ma l’uragano dei riformismi e dei massimalismi ha fatto piazza pulita delle speranze immediate. Sono mancate le indicazioni su come coinvolgere risorse ed attenzioni dei diversi settori dell’economia locale, nazionale ed internazionale. E dire che Beni culturali ed Istruzione sono due ministeri affidati entrambi ad esponenti dello stesso partito (Margherita). Quale situazione migliore per dar vita ad una proficua e virtuosa concertazione?
Per il momento, solo nelle intenzioni, sono tutti d’accordo che urge promuovere una cultura del territorio. Che bisogna coltivare la tradizione dell’appartenenza e la valorizzazione del proprium locale, per presentarlo e renderlo fruibile, con l’orgoglio e la dignità di chi ama intensamente ciò che ognuno sente suo. La sfida, però, comincia da quel piccolo annuncio: imparare a conoscere meglio quei tesori, che tutti ci invidiano. La nuova frontiera di una rinnovata identità nazionale. Catturare la luce di Caravaggio, scoprire le linee del Mantenga o far propria la prospettiva di Piero della Francesca. Perdersi nel talento di De Chirico, Morandi o Boccioni. Vivere gli spazi del Bramante e del Bernini. Presentare con orgoglio le raffinatezze del Cellini e di Donatello. Tesori che, solo sentendoli più nostri, riusciremo a difendere adeguatamente. E a tramandare responsabilmente. (gelormini@katamail.com) |