Il Centro Culturale Studi Storici di Eboli in difesa dei beni culturali e ambientali 29-05-2003 Prof. Gerardo Pecci, Storico dell'arte, Delegato per le Arti del Centro Culturale Studi Storici di Eboli (Sa)
Il dibattito odierno sullo "stato di salute" dei nostri beni culturali e ambientali, dopo l'istituzione della Patrimonio S.p.A., registra un repentino aggravamento, dovuto certamente ad un uso strumentalmente distorto del concetto di "bene pubblico" da parte di una minoranza di persone che dovrebbe, invece, tutelarlo efficacemente. Si tratta di una cospicua fetta della classe "dirigente" italiana che considera i beni culturali come una qualsiasi proprietà privata e che può, perciò, venderla allegramente al miglior offerente, non importa a chi: l'importante è vendere. In questa logica perversa e masochista, vagamente "camorrista", vi è certamente un disegno più dannoso e inquietante, che parte da lontano, dagli anni 1985-1986 quando furono promossi e finanziati i famigerati progetti di "catalogazione" dei beni culturali per la cifra di seicento miliardi di lire, erogata dallo Stato a consorzi di aziende formatisi all'occorrenza per accaparrarsi i fondi a disposizione, non certamente per creare nuovi posti di lavoro, stabili, per i giovani disoccupati. Allora si parlò di "giacimenti culturali". Oggi, in pieno clima neoliberista, i "giacimenti" si sono trasformati esclusivamente in risorse.economiche commerciabili! Svendere l'anima di un popolo è come indurre alla prostituzione una bella donna, ma questa volta la bella donna si chiama Italia. Si elimina, così, l'identità e la dignità di tutti i cittadini che proprio nella cultura, nella storia, nelle tradizioni e nei beni culturali possono trovare le proprie radici. Il patrimonio culturale, per sua stessa natura, è un bene spirituale, non può essere paragonato ad alcun tipo di merce, l'approccio mercantilistico in questo settore è errato ed estremamente pericoloso e catastrofico. Dobbiamo decisamente opporre oggi, ora, qui, un forte e deciso "no!" contro la prostituzione culturale. Dobbiamo fieramente combattere contro la mercificazione dell'anima. Non dimentichiamo che gli stessi diritti umani, tra i quali l'accesso al sapere, alla cultura, all'arte, ecc., sono patrimonio civile e culturale. Ed è chiaro che alienando i beni culturali anche l'accesso al sapere viene negato, in forme più o meno appariscenti o nascoste. Una corretta conoscenza dei beni culturali (non un uso strumentale e sconsiderato) è sempre finalizzata all'arricchimento del bagaglio cognitivo, educativo e civile delle persone e non certamente a quello del rigonfiamento, a dismisura, dei portafogli di speculatori che fiutano affari dappertutto. Una vera gestione innovativa del nostro patrimonio culturale non può non prescindere dalla certezza del diritto, che garantisce, tutela e conserva i beni culturali, che li salvaguarda da "appetiti" di altra natura, che nulla hanno a che fare con la civiltà e il senso civico. I beni culturali per diritto costituzionale appartengono allo Stato, al popolo, sono inalienabili e tali dovranno continuare ad esserlo. Chi li gestisce deve sentire sul collo il fiato dello Stato, unico proprietario e garante della loro integrità. Potranno pure esserci collaborazioni con enti e istituzioni private, ma la natura dei beni culturali, che è pubblica, non va assolutamente toccata. Non a caso Salvatore Settis ha parlato di "assalto" al patrimonio culturale, ora che si sta tentando di distorcere il senso e la certezza del diritto costituzionale snaturando l'identità dei beni culturali, raggirando la normativa esistente con sotterfugi legislativi che evidenziano la povertà morale e intellettuale di chi li propone. Sulla linea di una seria, corretta ed equilibrata difesa del nostro patrimonio culturale è schierato, da alcuni anni, il Centro Culturale Studi Storici di Eboli (Sa), presieduto da Giuseppe Barra, di cui io sono il Delegato per le Arti. Si tratta di un'associazione apartitica, senza scopi di lucro, formata da volontari che amano studiare e tutelare il territorio, vasto, in cui l'associazione opera: Eboli, l'Alta Valle e la Piana del Sele, il comprensorio del massiccio calcareo-dolomitico degli Alburni e buona parte del territorio salernitano. L'Art. 3, comma b, dello Statuto prevede la promozione e la partecipazione del Centro a tutte quelle attività "intese alla valorizzazione e tutela del territorio". Organo di stampa del Centro Culturale Studi Storici è il mensile di cultura "Il Saggio", presente su Internet al sito www.ilsaggio.it . Molti soci sono autori di ricerche storiche e storico-artistiche di buon livello. Anche Eboli ha subito nel tempo profondi cambiamenti urbanistici, socio-culturali, ecc., ed il suo patrimonio di arte e di civiltà ha subito, purtroppo, anche perdite gravi. Si pensi, per esempio, ai bombardamenti aerei del settembre 1943 che causarono danni irreparabili al centro storico cittadino. A tal proposito, per fare il punto della situazione, ho organizzato e curato, per conto del Centro Culturale Studi Storici, una giornata di studio sulla salvaguardia dei beni culturali e la mostra di immagini di opere d'arte trafugate o non più esistenti nel territorio di Eboli, dal titolo "Mirabilia Urbis". La manifestazione, patrocinata dal Comune di Eboli e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, si è svolta il 2 aprile 2000 nella Chiesa di Santa Maria ad Intra. In tale occasione hanno dato il proprio prezioso contributo il dott. Antonio Capano, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Grumento Nuova (Pz); la dott.ssa Giovanna Scarano, direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Eboli (Sa); il compianto dott. Carmine Giarla, storico dell'arte; il Magg. Carlo Fischione, del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Artistico di Roma; il Sindaco di Eboli, dott. Gerardo Rosania; l'Assessore alle Risorse Umane della Provincia di Salerno, dott.Giovanni Tarantino. Purtroppo ancora non sono stati pubblicati gli atti della giornata di studio. Le ragioni dell'incontro sono state messe a fuoco nella mia relazione iniziale, dal titolo "Il futuro della memoria: le ragioni della speranza", nella quale ho cercato di evidenziare le problematiche della tutela e della corretta gestione di beni culturali che abbiamo ereditato dal passato, nei confronti dei quali abbiamo l'obbligo-dovere di trasmetterli alle generazioni future. Episodio significativo, tra gli altri, che ha visto il Centro Culturale Studi Storici ebolitano protagonista di un'aspra battaglia contro l'ignoranza e l'arroganza di funzionari pubblici è stato quello della restituzione e ricollocazione nel sito originario, in seguito a un arbitrario distacco e trasferimento in altro luogo, di due importanti lapidi marmoree celebrative appartenenti al monumentale Convento della SS. Trinità (o di Sant'Antonio da Padova) in Eboli. La narrazione dell'episodio, con tutti i suoi risvolti, è nelle pagine del mensile "Il Saggio", che ha seguito passo dopo passo la penosa vicenda, fino al lieto fine. Va dato atto al Centro Culturale Studi Storici ebolitano di aver egregiamente svolto e di svolgere attenta opera di salvaguardia e tutela dei beni culturali e non è cosa da poco, considerando la realtà in cui viviamo. Bisogna avere coraggio ed essere disposti a rischiare, anche in prima persona, per difendere ciò che appartiene alla collettività, per difendere la dignità culturale e civile di un patrimonio che è il frutto e lo specchio della nostra anima di uomini immersi nel tempo e nello spazio della storia.
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