L’AGONIA DELLE LIBELLULE MORENTI: ancora sull'eolico 13-03-2007 Emilio Izzo
Certo non è ieri, ma lo ricordo benissimo; ricordo nitido come se fosse oggi. L’unica differenza sta nel fatto che ora sono seduto su un lungo muro di cemento che lo costeggia o, per meglio dire, lo blocca, tanto gli è sopra. Allora nessun ostacolo, solo erba e margherite, sassolini, girini, rane, gamberi, trote, alborelle e altri pesci che gli amici più capaci si divertivano con maestria invidiabile a catturare con le nude mani per poi lasciarle di nuovo andare, non ostacolando il meraviglioso corso della natura. Un breve giro di capo e lo sguardo si fermava a curiosare tra le tende piccole e basse nel minuscolo ma variopinto e giocoso camping, che solo la nostra città a misura d’uomo aveva. La babele che ne veniva fuori e che a pochi passi si poteva ascoltare, non lasciava spazio alla comprensione diretta, oggi come allora scarse, per non dire nulle, le capacità di capire suoni e lingue affatto conosciute. Inglesi, francesi, tedeschi, ”controllavano” quel piccolo rettangolo di verde concedendosi, come si conviene ai liberi viaggiatori del mondo e all’idea dello spazio collettivo che li accompagna, felici di comunicare con gesti o anche con le sole sensazioni esalanti dalla loro presenza, quelle che appartengono ai beneficiari di un vivere in un spazio senza confini, in un recinto non recinto, in un universo di pace. Inutile aggiungere il bene che si riceveva dal soffermarsi sulle chiome color oro delle ragazze venute dal nord, troppo lontane dal nostro conosciuto e ancor di più dal futuro da lì a venire, con conoscenze più dirette, indigene sì, ma dal colore bugiardo. E mentre tutto questo scorreva, anche il fiume scorreva. Lì le abbiamo notate, io e tutti gli altri, mentre si faceva il bagno nella gelida ma ristoratrice acqua. Tu pensi non si possa volare se non spostandosi nell’aria, percorrendo tragitti, non definiti o forse sì, ma comunque tragitti. Brevi, lunghi, ma comunque spazi .Allora non conoscevamo altro modo di volare o forse sì. Alcuni telefilm di avventura ne avevano mostrato le strane capacità: liberarsi in volo, compiere tragitti, fare giri e pericolosi cambiamenti di direzione. Eppure l’inaspettato ma innovativo e per noi inimmaginabile e impossibile era rappresentato dalla capacità di fermarsi nello spazio senza andare di qua e di là, sopra e sotto avanti e indietro, semplicemente ma straordinariamente fermi in volo, elicotteri appunto. Quello che vedevamo a pochi centimetri dal pelo dell’acqua, era esattamente lo stesso straordinario spettacolo: insetti volanti, leggeri, leggiadri, dalle ali trasparenti, dai movimenti repentini, silenziosi. Fermi nell’aria, anch’essi con la stessa capacità degli elicotteri,le libellule appunto. Se sei acerbo e vivi in un mondo ancora pulito e senza grandi cambiamenti, non puoi rimanere indifferente a questa meraviglia: la natura. Solo pochi anni fa, percorrendo l’incantevole strada che da Frosolone va verso Colle dell’Orso, immerso in rari spettacoli naturali fra mucche e pecore ai pascoli, pastori impegnati nel difficile, gravoso, eppure necessario, compito della mungitura, altri intenti alla realizzazione del prodotto, scamorze, ricotte e formaggi, dietro al colle più alto il cuore si ferma! Spunta dall’addolcita cima, erosa dal tempo, che ne tradisce i millenni, una bianca, lenta, agonizzante elica di un rotore di un elicottero disastrosamente piombato giù dal cielo e rovinosamente caduto su quelle dolci cime. Non sembra possibile che uno scenario così poetico possa rappresentare una così triste sciagura. Eppure il cuore è ancora fermo: troppo poco è passato da ricordi vivi e drammatici che ritornano con maggiore dolore in tali situazioni. Non è possibile che gli eventi si accaniscono con il tuo mondo, con la tua sensibilità. A volte pensi che, per quanto ci si possa far forza, la necessità di avere un destino non così avverso, è il meno che ti aspetti. Ma il conto con l’imprevedibile non è detto che torni. Ma intanto il cuore è fermo, la forza di avanzare ti manca, non sai dove trovare il coraggio di affrontare cose terribili e così, senza volerlo, inconsapevole, ti ritrovi dall’altra parte del colle. Che sarà mai?! Verrebbe da gioire, un elicottero non è, tracce di vittime nemmeno. Un elicottero senza cabina, posto verticalmente rispetto al suolo e piantato nel terreno, mentre delle gigantesche pale ruotano lentamente. Sembra uno scherzo ma, allargando lo sguardo, ormai ripresosi dal primo spavento, ti accorgi che altre pale, identiche alla prima, ruotano silenziose ma minacciose nell’aria su quei colli. Che diavoleria sarà mai? “Eolico”. Questa la scoperta che feci qualche giorno dopo, quando cercai di informarmi sul misterioso fenomeno, non senza meraviglia e incredulità diffusa. Sconosciute erano allora, non certa la reale utilità, vaga l’idea della loro nocività. Con il tempo sono riuscito a saperne di più e quel di più non è stato affatto rassicurante. Ma quello che non riesco a togliermi di dosso è la sensazione di panico, paura e angoscia che, ad ogni curva di una strada di montagna, mi inonda quando mi trovo al cospetto di decine di gigantesche libellule agonizzanti, morenti. Agonizzanti e morenti così come anni prima, in seguito a stupidi giochi, qualcuno metteva in atto sciocche abilità, colpendo in volo quelle semplici creature che, ferite a morte, si lasciavano cadere. Eppure la loro discesa al suolo era talmente lenta da far pensare che nella loro natura non era compresa la vocazione alla dipartita. Infatti ,una volta al suolo, per quanto agonizzanti, ancora le loro trasparenti ali continuavano lentamente a muoversi proprio come il rotore dell’elicottero prima di spegnere definitivamente il motore. Il percorso della vita si concludeva, così come a tutti accade prima poi, ma con la “semplice” differenza che tale destino quelle creature non lo avevano cercato; l’uomo, sì, è stato bravo nel mettere mano anche su questo, inconsapevole forse del fatto che miseramente annunciava così il proprio suicidio. L’impotenza rispetto a questo fenomeno innaturale è terribile e lo è ancor di più se pensi che tutto questo prima non c’era. Un elicottero-libellula può anche cadere, fare le sue vittime, bruciare qualche lembo di terra, lasciarti nello sconforto che solo il tempo forse potrà cancellare, ma quale miracolo, quali secoli, quale costo potrà eliminare questo immane sfregio al paesaggio? Una bugiarda rincorsa a fonti alternative sta mettendo il nostro ambiente a un irreversibile rischio. L’arrembaggio ai finanziamenti concessi a tale scopo, grondano di sangue e chiedono vendetta! Quando, fra qualche anno, scadranno le concessioni date per giustificare tale comportamento, garantendo impunità legali che forse solo gli uomini possono inventarsi per offendere il territorio, per garantirsi colpevoli guadagni, solo allora forse capiremo l’immane disastro ecologico arrecato: centinaia di libellule ormai morte, non più utilizzabili, che nessuno potrà rimuovere perché costose e lasciate lì a dimostrare al nostro prossimo le grandi e sensibili capacità degli uomini attuali, sempre pronti a sacrificarsi per un mondo migliore! Ma nell’apoteosi, nella splendida e candida mania di grandezza e di folli guadagni, nel silenzio più totale o forse no (sembra che molti sapevano), qualcuno sta eguagliando il Creatore: numerose, silenziose, gigantesche, angoscianti libellule ritorneranno lì dove le avevo lasciate molti anni or sono, sul pelo d’acqua, anche meglio, in acqua. Peccato che, nel delirio affaristico, qualcuno ha dimenticato che l’acqua in questione è salata e non dolce come quella dei fiumi! Salata e amara come tutte le considerazioni che possono scaturire da tale tristissima circostanza. Fermare queste follie non dipende più dai rappresentanti della cosa pubblica. Il loro senso della collettività,del bene di tutti, troppo spesso si scontra con interessi di altra natura. Interessi non meglio identificati ma che comunque non potranno restituirci quello che solo una volta nel creato ci è concesso. La distruzione del patrimonio ambientale – paesaggistico è irreversibile, un’ulteriore possibilità non ci è concessa. I cittadini del mondo, i soli titolari del bene collettivo, rappresentano l’unica reale opportunità di ostacolo ai danni derivanti dalla cattiva gestione politica. Parole e promesse in questo senso ne sono state spese anche troppe e lo scenario a noi noto, insieme quant’altro dovrà ancora avvenire, non lascia molto scampo all’immaginazione Ho sognato che anche la città di Isernia, visti i lauti contributi regionali concessi per la realizzazione di inutili quanto dannosi mini impianti eolici, intenda realizzare sul territorio comunale un’opera meritevole di attenzione quale appunto una centrale eolica. Il dibattito in seno al consiglio comunale, niente affatto animato, almeno per quanto riguarda la concessione, ha avuto momenti di fibrillazione solo sulla possibile ubicazione dell’impianto: non era chiaro se utilizzare luoghi preposti individuati dal piano regolatore o lasciarsi andare a qualche zona a rischio, utilizzando così lo strumento della variante,così in voga a Isernia e non solo. Visti gli interessi particolari e il numero degli interessati, visto il ristagnare della discussione, dal cilindro è stata tirata fuori l’idea che ci voleva, condivisa da maggioranza e opposizione. Il consiglio comunale ha così deliberato: in considerazione dell’altitudine della zona, del luogo ventilato, del silenzio circostante, della vicinanza alla città, dell’interesse naturalistico, ambientale, paesaggistico, dell’importanza religiosa e della santità del posto, considerato altresì il numero dei visitatori provenienti da ogni luogo,specialmente d’estate, visto il ripetersi di fenomeni di attacchi cementificatori, di abusi e di scempi continui, si è individuato come luogo da destinarsi alla realizzazione di una elegante impianto eolico, la collina a sud della città sulla quale sorge l’Eremo dei SS. Cosma e Damiano, luogo sì ameno ma dalla spiccata quanto evidente vocazione industriale, interessata da futuri crolli causati da opere abusive, prossimamente sanate con soldi pubblici. Un violento sussulto mi ha destato, il corpo sudato, gli occhi gonfi, forti dolori alla stomaco. Era solo un sogno o forse no. Le notizie delle ultime ore non mi confortano affatto e riprendo a sudare da sveglio.
Isernia,12.03.2007 Emilio Izzo
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