Il parere di 16-10-2002 Carlo Bertelli, Professore di storia dell'arte antica, Accademia di Architettura, Università della Svizzera Italiana
Stupisce sempre il pensiero di ciò che l’ Italia, uscita dal tremendo salasso economico delle guerre d’ indipendenza e delle sciagurate avventure coloniali, riuscita a fare per mantenere il proprio patrimonio artistico, malgrado la fortissima pressione del mercato internazionale. Stupisce ancora di più da quando, e non è da ieri, i ceti di governo hanno incominciato a guardare con sospetto al patrocinio culturale della nazione come un peso. Un IWC PORTOFINO REPLICA peso da rendere immediatamente redditizio, oppure da cedere a chi lo potrebbe sopportare meglio. Il confronto mette in luce l’ atteggiamento propositivo di ieri al confronto con quello del tutto negativo di oggi. Ieri si trattava di “fondare la nazione”, ossia assicurarle quel contesto storico in cui si era immedesimata per secoli e collocarlo in una prospettiva di società e di stato moderni. Oggi l’ idea stessa di “Patrimonio S.p.A.” denuncia una situazione di gravissimo smarrimento. Possiamo anche ammettere che la realtà faccia giustizia di tante illusioni. Non è così facile vendere, non è così pacifico svendere senza incorrere nel codice penale. Ma ammettiamo che tutto sia in regola, che altri acquistino parte dei beni e li gestiscano con le stesse finalità, lo stesso sentimento pubblico,lo stesso disinteresse con cui li ha gestiti, bene o male, lo Stato. Il fatto è che tutto ciò avviene nel quadro di una disgregazione del quadro tecnico professionale che lo Stato ha formato nel corso di oltre un secolo. Lo spoils system sta assoggettando l’ autonomia scientifica e la responsabilità pubblica dei funzionari all’ arbitrio del potere politico. La stessa decisione di attuare una “rotazione” dei soprintendenti regionali dimostra una sbalorditiva superficialità, se non la volontà d’impedire che gli stessi soprintendenti approfondiscano la propria conoscenza della regione, avviino e concludano restauri, acuiti, donazioni. Ciò significa non avere garanzie e anzi avviarsi sul mercato abolendo ogni cautela. Il disprezzo verso il proprio tessuto tecnico scientifico si rivela poi disprezzo anche verso il cittadino che dovrebbe essere invogliato a partecipare come privato alla gestione del patrimonio culturale. E’ il caso delle decisioni prese a proposito dell’ 8 per mille a favore dello Stato. Una breve parentesi storica. Quando si mise mano alla revisione del concordato, con un appello firmato da Cesare Gnudi e altri studiosi fu chiesto all’ onorevole Craxi di non mettere mano all’ assetto risorgimentale che considerava la conservazione della globalità delle opere d’ arte, monumenti etc. del paese come un compito dello Stato, indipendentemente dalla loro appartenenza alla Chiesa. Come è noto, l’ appello fu inascoltato. Oggi il governo si appresta a prendere quell’ 8 per mille che i contribuenti non hanno voluto dare alla Chiesa cattolica al restauro di opere d’ arte etc. appartenenti ad edifici religiosi. Non si discute sulla necessità di restauri e altre opere, ma sulla mancanza di rispetto di una precisa volontà espressa al momento di versare allo Stato una tassa. Tanta leggerezza e tanta malafede non promettono nulla di buono.
|