Il nuovo mecenatismo dell’ICI 24-06-2008 Francesco Floccia
Ma perché si continua a recriminare (vedi le tante notizie web) sull’abolizione della tassa detta ICI 2008 motivando che, senza quegli introiti, i Comuni italiani non possono più svolgere – in tutto o in parte – attività culturale? Ma veramente ci deve essere un legame tra il pagamento da parte dei cittadini di una tassa sugli immobili e le opportunità di approntare per loro pubbliche manifestazioni di cultura o di spettacolo? Non voglio ricorrere a datate osservazioni di studiosi ormai solo maestri di mature generazioni di storici d’arte ma il punto di vista di Luigi Salerno, inserito nella “presentazione” al volume di Francis H. Taylor “Artisti, principi e mercanti”, Einaudi editore, 1954, è valido e attuale: “Se l’arte fu accostata per puro edonismo da tanti mecenati e collezionisti, se il denaro la alimentò, non vuol dire che il denaro possa sempre crearla. Se sono indispensabili determinate condizioni ambientali perché l’arte nasca e fiorisca, tuttavia essa nasce libera da queste condizioni, che non bastano a produrla”. Avanzare attualmente sempre richieste di fondi pubblici, finanziamenti, contributi economici, erogazioni statali affinché ci siano le possibilità per enti di ogni tipo di consentire iniziative e programmi artistici o di spettacolo è proprio del politico che vuol manifestare così il proprio impegno nel campo della cultura: ma non basta esprimere tali esigenze e neanche serve giacché – come scriveva sempre il Salerno – “malgrado tutto l’arte è un fatto spirituale”. E poi Salvatore Settis, nel suo “Italia S.p.a”, Einaudi 2002, particolarmente nel capitolo “L’arte ‘petrolio d’Italia’” rileva quanto mortificante sia alla fine quel concetto istituzionale di “attività culturali” quasi si volesse, con il loro svolgimento, “dinamizzare” la natura e la sostanza storica e nobile delle opere d’arte, oggi dette “beni”. Confidiamo invece nuovamente nella creatività degli artisti, si impostino le condizioni culturali e materiali perché ci siano generazioni di nuovi maestri, architetti, storici, persone di pensiero e di azione che sappiano realizzare i presupposti strutturali per un’effettiva e concreta formazione artistica (scuole, accademie, fondazioni) lasciando invece ai cittadini che possono - perché economicamente dotati - la facoltà e la libertà di individuare nella società nuovi artisti, nuove genialità, stimolando la creazione di opere e anche acquisendole. Si vada oltre l’aspettativa di mercato della qualità del “made in Italy” e si individuino le opere o anche i capolavori utili e adatti per impostare in Italia un moderno collezionismo. Piangere oggi sull’abolizione dell’ICI perché si pensa che ciò vada a detrimento della cultura nazionale, a fronte della lunga e articolata storia del mecenatismo italiano ed europeo vuol dire restringere in un nulla la potenza, l’audacia e la forza rivoluzionaria dell’arte. 19/6/2008 |