Mibac/4 ovvero la fine del “libero arbitrio” 28-07-2008 Francesco Floccia
Una rapida scorsa ai “lanci di agenzia web” di questi ultimi giorni sul tema “beni culturali” e sempre si trova una dichiarazione del Ministro Bondi: "C'è la necessità di restituire dignità alla pittura e alla scultura contemporanee, specie quando esse incarnano quegli ideali di bellezza e armonia che da sempre hanno indirizzato gli artisti migliori" egli scrive in una lettera a “Libero” (riportata da Apcom, Milano, 26 luglio u.s.) trattando il tema dei contenuti artistici da presentare nell’ambito della prossima Biennale di Venezia. Torna sempre, nel pensiero e nei programmi del Ministro, quel concetto inafferrabile e soggettivo di “bellezza” e ora anche di “armonia” che forse in molti – ma io me ne sento totalmente incapace – percepiscono e riconoscono, apprezzando. Per me l’essenziale osservazione fornita da Voltaire nel “Dizionario filosofico” sul termine “Bellezza; Bello” mi sembra la più chiara e convincente possibile. Dice (riassumo): Chiedete a un rospo cosa è il “be llo”; vi risponderà che è “la sua femmina”. Per un “negro della Guinea" “bello” è la propria fisionomia, la sua pelle “nera e oleosa”; per il diavolo bellezza saranno le corna, la coda, le zampe. Solo se domanderete al filosofo cosa sia la “bellezza” vi descriverà “con ragionamenti incomprensibili…qualcosa di conforme all’archetipo del bello in sé, al ‘to kalòn’”. Secondo il Ministro "l'arte contemporanea ha rinunciato a questi valori spesso abbassandosi a una forma di espressione sociologica che vuole comunicare solo l'orrendo e il male del mondo" e ciò ha comportato la “rinuncia al sacro”. Consoliamoci - e speriamo invece che non sia questa la realtà - con le parole di Erasmo da Rotterdam quando “Sul libero arbitrio” (1524) ricorda che “se poni attenzione alla bellezza dell’universo, anche quelle cose che sono in sé dei mali, qui sono dei beni, e illustrano la gloria di Dio” (Edizioni Studio Tesi, 1989, traduzione di Italo Pin). L’Amministrazione dei beni culturali valut i dunque, se vuole, i comportamenti dei suoi Dipendenti, indichi le procedure per la tutela ma non limiti le libertà espressive rivolgendo agli artisti l’esortazione a non “mangiare frutti dall’albero della conoscenza del bene e del male”(Gen.2,17).Grazie per l’attenzione. 27/7/2008. |