Lo Stato Digitale. L’“Archiviazione digitale dei documenti dello Stato” annunciata da Berlusconi è un risparmio? 02-05-2005 Paolo Buonora - Ferruccio Ferruzzi
Lo Stato Digitale. L’“Archiviazione digitale dei documenti dello Stato” annunciata da Berlusconi è un risparmio?
Nella puntata di Ballarò del 5 aprile, il presidente del Consiglio Berlusconi ha sorpreso molti interlocutori – oltre che con la sua imprevista partecipazione al dibattito televisivo – con l’annuncio di un’arma segreta con cui il suo governo intende contenere la spesa pubblica: “lavoriamo all’archiviazione digitale dei documenti di Stato, così si risparmiano due miliardi di euro. Il 70% di funzionari hanno caselle e-mail, contro il 30% che ci hanno lasciato Lor Signori (la sinistra). Non per nulla abbiamo un ministro dell’Innovazione che viene dall’IBM” (1) .
Il presidente Berlusconi riprende infatti quanto va proponendo con decisione dal febbraio 2004 il ministro per l’Innovazione Stanca, secondo il quale l’adozione di tecnologie informatiche potrebbe portare a risparmiare cifre consistenti: videoconferenze su una nuova rete fonia-dati per risparmiare sulle spese di trasferta, archiviazione digitale al posto di quella cartacea, posta elettronica per risparmiare le spese postali (2).
Per chi si occupa di mestiere di archivi dello Stato e da anni si adopera per promuovere strategie per la conservazione del documento elettronico, queste affermazioni suonano tuttavia piuttosto singolari.
Anzitutto, anche il telespettatore più ingenuo sa bene che un computer costa più di una penna e di qualche risma di carta, e può dedurne una verità ben nota agli addetti ai lavori, che la transizione generalizzata della pubblica amministrazione alle nuove tecnologie comporta un ingente investimento a medio termine per diversi anni, e non un risparmio a breve termine.
Occorre infatti investire per un periodo transitorio, e non solo nell’acquisizione e sostituzione di apparecchiature: sarà anche indispensabile formare il personale che le dovrà utilizzare e rivedere i processi di lavoro e la loro organizzazione complessiva. E’ pertanto assai poco credibile che, almeno in una prima fase, si possano risparmiare due miliardi di euro l’anno. Il vero risparmio sarà piuttosto nell’efficienza futura dell’amministrazione, sia nella produzione dei documenti che nella loro ricerca d’archivio: si risparmierà tempo, quindi denaro, nel gestire una massa di documentazione che nella società dell’informazione va crescendo in maniera esponenziale e che non sarebbe in ogni modo possibile gestire più a lungo con i sistemi tradizionali dei protocolli, dei fascicoli e degli schedari. Il digitale ci salverà (forse) dal collasso dell’informazione, ma richiederà (sicuramente) investimenti consistenti, all’altezza dei compiti che ci si propone.
D’altro canto, il governo Berlusconi tutto questo lo sa già: infatti, sono stati avviati consistenti finanziamenti per la diffusione del digitale nelle pubbliche amministrazioni: il ministro Stanca ha reso noto che per la prima fase sono già stati stanziati dallo Stato 120 milioni di euro, per innescare il cofinanziamento di progetti comuni con regioni ed enti locali fino a 500 milioni di euro di spesa complessiva. Nella seconda fase, altri 210 milioni verrebbero investiti dallo Stato per aggiungersi ad altre risorse su base locale. Merita ricordare che il recente provvedimento relativo all’approvazione del Codice dell’amministrazione digitale è stato criticato sotto molti aspetti dal Consiglio di Stato, che ha sottolineato proprio l’assenza dell’indicazione delle risorse finanziarie necessarie a sostenere il progetto di informatizzazione (3) .
Certo, molti si chiedono se dietro questi ingenti stanziamenti vi siano programmi all’altezza degli obiettivi, e scelte coerenti. La scelta adottata di investire gran parte di questi stanziamenti per la costituzione di una rete privata “fonia-dati" (4), chiusa in se stessa, appare piuttosto dubbia e dispendiosa. Perché non aprirsi maggiormente tramite le reti pubbliche esistenti per garantire servizi più efficienti al cittadino su Internet? Non si corrono seri rischi in termini di dipendenza gestionale, quindi economica, da aziende che forniscono tecnologie proprietarie?
Il punto veramente debole della politica “digitale” del governo è però quello strettamente archivistico-documentale: il “Codice dell’amministrazione digitale” (d. lgs. 7.3.2005) (5) curato dal Dipartimento dell’innovazione dedica molto spazio (ben 14 articoli) alla tanto reclamizzata “firma digitale”, che però è solo un timbro elettronico per la trasmissione dei documenti, ed è a sua volta strumento complesso da introdurre nell’attività amministrativa (6) . Non si indicano viceversa adeguate strategie e procedure per la corretta formazione, classificazione e gestione del documento informatico in tutto il suo ciclo di esistenza, compresa la sua conservazione a lungo termine. Tutta l’informazione digitale è infatti soggetta a una rapida obsolescenza dei sistemi hardware, del software, dei formati e dei supporti. Oggi è divenuto ineludibile il compito di assicurare la conservazione del documento digitale, garantendo il mantenimento della sua integrità e autenticità nel tempo. E’ vero che senza tecnologia digitale nessuno più in futuro riuscirebbe a ritrovare le informazioni nella massa documentaria oggi prodotta, ma garantire la permanenza dell’integrità e del valore giuridico dei documenti digitali è un’attività che richiede operazioni complesse e onerose di migrazione dei dati ed emulazione dei sistemi informativi. Queste operazioni non possono essere affidate alle scelte e alla buona volontà degli impiegati o dei singoli uffici: occorre apprestare non solo strumenti normativi e tecnici, ma soprattutto apposite strutture operative, con mezzi e personale adeguati. Senza l’adozione di tutte queste precise strategie, il proposito di “sostituire” integralmente alla documentazione cartacea la documentazione elettronica è pertanto un’ingannevole petizione di principio, alla quale seguirà inevitabilmente la progressiva perdita dell’informazione digitale che viene già ora comunque prodotta dalle amministrazioni senza corrispettivo cartaceo (born digital): un pericolo di collasso informativo che sarebbe disastroso per la società dell’informazione.
Paolo Buonora (già membro del Comitato Information Technology – Consiglio Internazionale degli Archivi) Ferruccio Ferruzzi (vicepresidente Associazione Nazionale Archivistica Italiana)
NOTE
1) Evelina Bruno, Dopo la sconfitta, Berlusconi (in TV) arranca e bluffa sull’e-gov, Politicaonline.it, 7 Aprile 2005: http://www.politicaonline.it/?p=270 2) Si veda l’intervento dello stesso Ministro Stanca al Senato del 28 settembre 2004: http://www.innovazione.gov.it/ita/interventi/file_interventi/040928_senato.pdf . Si veda anche la sua intervista su: Regione Emilia-Romagna, Newsletter anno 1, n. 8 del 16 dicembre 2004: http://www.regione.emilia-romagna.it/wcm/sederoma/sezioni/in_rassegna/newsletter/Archivio_Newsletter/newsletter8.htm 3) Il parere del Consiglio di Stato sul provvedimento è disponibile a: http://www.scint.it/news_new.php?id=556 4) Si veda il progetto fonia-dati per la Regione Lazio http://www.forumpa.it/archivio/0/800/860/865/retienterprise.htm , o altri progetti analoghi. 5)http://www.innovazione.gov.it/ita/news/2005/cartellastampa/codice/indice.shtml ; il codice è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. 6) A nostro avviso, nei “tecnicismi della firma digitale” viene riposta una fiducia eccessiva: si veda l’articolo di Enrica Massella Ducci Teri e l’attività del Gruppo di Lavoro per la dematerializzazione della documentazione tramite supporto digitale, istituito nel novembre 2004: http://www.cnipa.gov.it/site/it-IT/La_Documentazione/Taccuino_tecnico/Documenti/Conservazione_alternativa_dei_documenti.
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