IL RIGASSIFICATORE A RIDOSSO DELLA VALLE DEI TEMPLI: E SE LO COSTRUISSERO OFF-SHORE? 16-09-2008 Pietro Busetta
L’immagine del grande rigassificatore-piattaforma che attraversa il mediterraneo è di quelle che rimangono impresse: dal porto di Algeciras in Spagna, vicino a Gibilterra, compirà un lungo viaggio attraverso tutto il Mediterraneo passando anche davanti alle coste siciliane, per essere ancorato off-shore davanti al porto di Rovigo. L'impianto, voluto dalla Edison e poi passato alla Gnl Adriatico s.r.l., produrrà un quantitativo di 8 miliardi di mc. all'anno, pari al 10% del fabbisogno nazionale. D’altra parte i venti di guerra che spirano dalla Georgia ci fanno capire come la questione energia sarà al centro dei prossimi equilibri geo-politici negli anni 2000. Lo sviluppo di paesi come Cina e India, che da soli rappresentano un terzo della popolazione mondiale, non potrà non passare per una tensione sui prezzi e per le forniture di energia, anche se l’occidente si sta avviando, in realtà faticosamente e in ritardo, verso forme di energia alternative e sta differenziando le fonti: cioè non solo petrolio, ma carbone, eolico, solare, ritorno al nucleare e appunto gas. Una serie di gasdotti attraversano l'Europa innervando sia la parte terrestre che quella marina. In particolare il Mediterraneo e la Sicilia sono diventati nodi strategici di tutte le forniture con i due grandi gasdotti, quello algerino e quello tunisino, che portano gas al terminale di Mazara del Vallo e di Gela. Questo gas serve tutto il Paese e sale lo stivale attraverso gasdotti che portano la fonte energetica laddove è necessaria. In realtà la parte che ne consuma maggiormente è proprio quella del Nord, la locomotiva della nostra nazione. Ma far arrivare il gasdotto sottomarino a La Spezia o a Trieste sarebbe stato assurdo perché è molto meno costoso un gasdotto da interrare che uno che viaggia negli abissi marini. Ovviamente sono infrastrutture, queste, con costi nell’ordine dei miliardi di euro ma società, come l’Eni, li hanno affrontati con decisioni rapide, prese da poche persone nei rispettivi consigli d’amministrazione che, fiutando il grande affare dell’energia, hanno impostato le loro politiche produttive per ritrovarsi pronte in tempo con sufficiente prodotto da vendere al mercato domestico e a quello internazionale. La Sicilia ha un grande interesse nel settore energetico. Infatti, oltre alle grandi raffinerie come quella di Milazzo, di Priolo, di Gela e ai due grandi metanodotti, abbiamo anche l’estrazione di gas sia all’interno del territorio (si ricorderanno le problematiche sorte con la Phanther Oil per i pozzi nel territorio ragusano) che i giacimenti di gas off-shore al largo sempre di Ragusa e di Porto Empedocle, nonché l’estrazione di petrolio nell'ennese e a Gela. Un contributo importante alla formazione del Pil siciliano sia in termini di occupati che di formazione di valore aggiunto e di prelievo fiscale, anche se la maggior parte di esso finisce nel calderone centrale e infatti è oggetto di controversia con la Stato. Si tratta della problematica delle accise che con il federalismo fiscale andrà certamente risolta. E’ un arma quella dell’energia che si è tentato, inutilmente e con poco successo, di giocare con Roma. In molti ricorderanno la cosiddetta tassa sul tubo di cuffariana memoria che poi la Regione si è dovuto rimangiare. Ma il problema rimane quello di un ipotetico conto della serva: di quanto utile rimanga, cioè, tra costi in termini di inquinamento atmosferico, di danno alla salute, di inquinamento paesaggistico e ricavi in termini di posti di lavoro, di entrate per la regione, di autonomia energetica, eccetera. E allora bisognerà ragionare sulla struttura energetica esistente, della quale i costi sono certi purché lo siano anche i ricavi, ma anche sul progettuale eolico, che Lombardo ha in parte liberalizzato, sulle nuove estrazioni di gas nel ragusano, che pare siano assolutamente non inquinanti dal punto di vista ambientale, sui nuovi rigassificatori, tenendo presente che i no indiscriminati non pagano ma che i sì generalizzati svendono il territorio. Per quanto riguarda i rigassificatori, la Sicilia è coinvolta con quello di Priolo e quello di Porto Empedocle, ancora da costruire. Premesso che la Sicilia, con le raffinerie ed i gasdotti di cui si è parlato, è esportatrice netta di energia e che il gas andrebbe liquefatto vicino ai mercati di consumo, come sostiene Davide Tabarelli responsabile di Nomisma Energia, diventa assodato che il motivo per cui si progettano a Priolo e a Porto Empedocle è perché le altre comunità, in Italia, non li vogliono. Ma allora, visto che si è convinti, a destra come e sinistra, che i rigassificatori in Sicilia devono essere realizzati, perché non imporre almeno che quello di Porto Empedocle, a ridosso della Valle dei Templi, venga costruito off-shore come quello di Rovigo? In tal modo si salverebbero la capra degli interessi plurimiliardiari della casa costruttrice e quelli della salvaguardia di un patrimonio unico al mondo come quello della Valle, che ha bisogno dei profumi della Kolimbetra piuttosto che della puzza di gas.
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