Cosa non si fa in nome del turismo 23-02-2009 preve.blogautore.repubblica.it
A Monterosso, ad esempio, un autosilos (la storia la leggete qui) da 300 posti in una cittadina che conta 790 nuclei famigliari. Anche senza considerare il fatto che esiste già un altro parcheggio vorrebbe dire che ogni tre famiglie c’è un box o un posto al coperto. Ed è già un una percentuale rilevante. La questione però è un’altra ed è quella sollevata qui e altrove da molti ambientalisti. Ma siamo proprio certi che per soddisfare le esigenze turistiche del breve periodo favorendo e incentivando l’uso dell’auto (proprio questo dice il sindaco di Monterosso nell’intervista) non si vada poi a penalizzare l’economia locale sul lungo periodo, nonché a danneggiare il bene primario che è la qualità della vita di tutti i residenti? Specie poi se tali politiche vengono messe in pratica in luoghi (le Cinque Terre) celebri e amate proprio perché genuine, che richiedono qualche sacrificio e rinuncia alle comodità moderne, restituendo in cambio ambienti e sensazioni uniche nel loro genere. In giro se ne discute e c’è chi ha compiuto scelte controcorrente (oggi lo sono, ma c’è chi pensa in prospettiva per fortuna) come quelli della campagna Stop al Consumo di territorio. A Monterosso intanto si cementifica, anche se i limoni, garantisce il sindaco, li ripianteranno. Sul tetto dell’autosilos. Un po’ come fanno a New York con gli orti sui grattacieli. Ma i newyorkesi alle Cinque Terre magari vengono per trovare dell’altro.
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