L’ABBAZIA ROMANICA DI SAN PIETRO IN MONTE: UNA SINTESI PERFETTA DI ARCHITETTURA E PAESAGGIO 31-03-2009 Claudio Longo
L’abbazia di San Pietro in Monte sta a 600 metri di altezza, ai margini di un grande prato panoramico, in un luogo isolato a mezza costa sulla montagna che sta alle spalle dell’abitato di Civate. L’abbazia comprende l’imponente basilica di San Pietro e il piccolo oratorio di San Benedetto; è rimasta inoltre qualche rovina dell’antico monastero. Ci si arriva rigorosamente a piedi attraverso una stradina rusticamente selciata che si snoda nel bosco e diventa discretamente ripida nell’ultimo tratto. L’abbazia appare solo all’ultimo momento: si vede per primo il grande prato a destra, si varca un cancelletto e improvvisamente si ha davanti la grandiosa basilica romanica col suo atrio semicircolare. Non occorre essere credenti, assolutamente non occorre: viene istintivo salire come pellegrini in religioso silenzio su per la grandiosa scalinata che i secoli hanno lavorato e resa viva.
San Pietro in Monte è una mia passione. Ci sono andato la prima volta più di cinquant’anni fa (io ormai ne ho 70) e ci torno ogni anno con mia moglie. Ogni volta restiamo incantati dalla bellezza mistica del luogo. Uscendo dall’abitato di Civate ti lasci alle spalle il tipico ambiente lombardo - altamente industrializzato, laborioso, rumoroso - ed entri quasi di colpo in un ambiente di grande silenzio. Nonostante la vicinanza col mondo del lavoro ci si ritrova in un luogo solitario in cui si sentono solo le voci del torrente e del vento. Ma anche l’impressione visiva ti suggerisce un luogo fuori dal mondo: il fitto bosco in cui si sale a tornanti e di fronte la montagna incombente – ripida, con una fascia di candide rocce - che sembra ben più alta di quanto sia in realtà. E nel cielo i silenziosi giri di un rapace (o forse di un parapendio altrettanto silenzioso...)
La sacralità del luogo è data dagli edifici, dal bosco, dalla montagna, dal torrente che non si vede ma si sente... tutto insieme. Ogni componente è ugualmente importante. Questo “tutto unico” non tollera manomissioni: qualunque intervento e la sacralità è perduta. Non parliamo poi della cava: l’intervento più devastante che si possa immaginare. La montagna deturpata per sempre, polvere, rumore... Ho parlato di “sacralità”. È una parola forte, lo so e forse è anche poco usata in quest’epoca. Avrei potuto dire “fascino”, ma mi sembra una parola troppo debole. Qui, appena ti sei lasciato alle spalle l’abitato e ti addentri nella Valle dell’Oro, ti accorgi di aver oltrepassato una soglia misteriosa. Mi sembra che questo carattere sacrale del luogo venga percepito dalla maggioranza dei visitatori. Infatti, tra le tantissime persone che salgono a San Pietro durante i weekeend e che poi riposano o picniccano sul pratone davanti alla basilica non ho mai visto individui volgari, non ho mai sentito schiamazzi e radioline a tutto volume, non ho mai incontrato rifiuti abbandonati. Ho spesso constatato che quando le persone arrivano davanti a San Pietro, sopratutto se è la prima volta, restano per un istante in stupefatto silenzio. E del resto chi l’ha costruita proprio lì, tanti secoli fa, sapeva bene quel che faceva... E ora, dei loro successori degeneri vorrebbero distruggere questa meraviglia?
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