Articolo di Paolo Barbuto del 21/9. Errore "storico" e contestazione 25-09-2009 Angelo Forgione
Su "IL MATTINO" del 21 Settembre, l'ottimo Paolo Barbuto ha scritto un interessante e giusto pezzo circa l'inappropriata collocazione di alcune statue e busti rispetto alle piazze che le/li ospitano. Confusione peraltro già sottolineata in passato da questo Movimento così come da Assoutenti.
(http://sfoglia.ilmattino.it/mattino/view.php?data=20090921&ediz=NAZIONALE&npag=27&file=obj_504.xml&type=STANDARD)
Citati, tra gli altri, il busto di Mazzini in Via Vittorio Emanuele III (non proprio in Piazza Municipio come riportato); la statua di Paolo Emilio Imbriani in Piazza Mazzini, le cui condizioni indecenti sono segnalate da anni dal sottoscritto senza che il Comune intervenga a ridarle decoro. Per tale statua, sempre il sottoscritto ha provocatoriamente chiesto lo spostamento in una piazza vomerese più "civile" (?), aggredita com'è da vandali e "writers" praticamente da sempre; una chimera! Barbuto cade però in un errore di carattere storico, citando il monumento equestre di Carlo III di Borbone in Piazza del Plesbiscito e volendolo idealmente spostare in Piazza Carlo III invece che alla Piazza reale in cui si trova. Barbuto scrive: <>. Invece quel monumento equestre è giusto che si trovi dov'è. I monumenti equestri del Plebiscito sono forse gli unici nel luogo giusto. È giusto infatti ricordare che la Piazza, così come la vediamo, risale al secondo decennio del 1800 quando Ferdinando IV, successore di Carlo III, volle sciogliere un voto fatto per la riconquista del Regno dopo la parentesi francese. Fu edificata quindi la Basilica di S.Francesco di Paola (il Santo avrebbe "profetizzato" nel 500 che quel luogo sarebbe diventato "il più regale e onorato della città") e i due palazzi laterali gemelli "Salerno" e "della Foresteria", seppur in periodi diversi. La piazza fu pensata come Regio Foro Ferdinandeo e doveva diventare (lo diventò) il nuovo simbolo urbano della restaurazione borbonica. Lo dovevano testimoniare i gigli (borbonici), presenti su tutti i capitelli delle colonne del pronao e di quelle dell’emiciclo e sugli archi di ingresso del colonnato, tanto sul versante a ponente che su quello a levante. Lo devano dimostrare i medaglioni di ghisa raffiguranti il profilo di Ferdinando sempre sugli archi di ingresso del colonnato, e lo devano attestare i due monumenti equestri pensati per il luogo e commissionati al Canova che completò quello di Carlo III e iniziò quello di Ferdinando IV, poi completato dal catanese Antonio Calì per sopraggiunta morte del suo maestro (sulle recinzioni dei monumenti una volta vi erano dei gigli, poi rimossi dai Savoia e oggi sostituiti con lo stemma del Comune di Napoli). Dunque, il monumento equestre di Carlo III di Borbone, che Paolo Barbuto vorrebbe invece più idoneamente collocato nei pressi del Real Albergo dei Poveri, è al suo corretto posto laddove è stata voluto a testimoniare una Napoli Capitale che non c'è più, e Dio solo lo sa come sia accaduto che Savoia e garibaldini non abbiamo cancellato i simboli del luogo simbolo borbonico. Piuttosto, un monumento equestre di Carlo III doveva esserci in Piazza Dante, che durante il regno carolino era e si chiamava appunto Foro Carolino. Il monumento, pensato dal Vanvitelli insieme a tutta lo slargo, era in costruzione ma il calco fu distrutto durante i moti della Repubblica Partenopea del 1799. Oggi quella Piazza è dedicata a Dante in nome dell'Unità d'Italia e del suo aspetto originale resta l'emiciclo monumentale, attuale ingresso del convitto, commissionato da Don Carlo al Vanvitelli, il quale progettò e costruì un foro carolino ornato dalle statue ancora oggi visibili e raffiguranti le virtù del sovrano borbonico. Non ce ne voglia Paolo Barbuto ma, pur non volendo salire in cattedra, va sottolineato l'errore di carattere "storico" in cui è incappato che offende la storia della città, nonchè i puristi e gli amanti della stessa storia.
Angelo Forgione Movimento V.A.N.T.O. (Valorizzazione Autentica Napoletanità a Tutela dell'Orgoglio) |