Napoli - Sos Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli 03-12-2009 Laura Giuliano
Sos Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli
La chiesa di San Giacomo degli Spagnoli è il caso emblematico delle condizioni in cui si trovano quegli edifici religiosi di Napoli che non rientrano nell’iter turistico e per tale motivo non meriterebbero, secondo alcuni, la medesima cura ed il medesimo interesse dei più “gettonati”.
Il che si manifesta innanzi tutto in una chiusura al pubblico quasi permanente, comportando una mancata fruizione e una sottrazione del luogo e allo studio e alla semplice curiosità del comune visitatore; è un problema sul quale si dovrebbe riflettere seriamente, risolverlo o almeno spiegarne i motivi.
Nel caso in questione lo scenario che si presenta davanti agli occhi di colui che ha la fortuna di entrare in San Giacomo degli Spagnoli è inaccettabile e improponibile.
La chiesa infatti presenta seri problemi di umidità su buona parte della struttura dell’edificio e sulle opere pittoriche ivi presenti, mi riferisco a lavori di artisti importanti quali la Crocifissione e la tavola con la Madonna col Bambino e i Santi Antonio e Francesco da Paola entrambe di Marco Pino, altra tavola la Madonna appare a San Girolamo di Michele Curia, il Martirio di San Giacomo di Domenico Antonio Vaccaro e la Deposizione di Giovan Bernardo Lama, per citarne alcune. Ebbene queste ed altre opere sono accomunate da uno stesso destino, che –senza entrare nell’ambito tecnico del restauro- credo si possa classificare come un fenomeno di decomposizione della materia pittorica, iniziato da chissà quanto tempo, campanello d’allarme di un prossimo annullamento delle rappresentazioni. Non dimentichiamo poi che si tratta di una chiesa che testimonia un capitolo molto importante della storia partenopea, la Napoli dei Viceré, e luogo in cui si conferivano le insegne dell’ordine di San Giacomo della Spada.
Detto ciò, c’è da chiedersi se qualcuno si sia già reso conto della distruzione cui vanno incontro queste opere e, se sì, cosa è stato fatto. Perché sono state abbandonate? Perché non si è intervenuti sull’umidità delle pareti? Perché bisogna sempre giungere a sperare che almeno si salvi il salvabile?
Non irrilevante è un altro dato: questa chiesa nel 1819 è stata inglobata nell’ala destra dell’omonimo palazzo, tuttora sede del Municipio di Napoli; fatto bizzarro -verrebbe da pensare- dato che il problema lo si ha sotto il naso e non si muove un dito. O forse la soluzione è stata già presa: chiudere gli occhi, anzi chiudere la chiesa che è il motivo principale per il quale non ho potuto portare avanti la mia ricerca su questo caso.
Dal canto mio l’amore per l’arte, per Napoli, la mia etica e il rispetto, l’importanza che attribuisco alla conservazione del nostro passato, delle nostre radici e delle tracce lasciate dai maestri ma anche dai piccoli artisti di bottega, m’inducono a denunciare l’accaduto e a sperare che questo primo passo non sia vano. E poi cosa direbbe Marco Pino, che si scelse Napoli per patria come racconta tra il vero e il fantasioso Bernardo De Dominici, se vedesse le sue opere così bistrattate?
Laura Giuliano |