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Parere sulla portata applicativa dell'articolo 7 del D.M. 294/2000 (qualifica di restauratore)
23-02-2006
Quesito di Anna Chiappa - Risposta Uffici legislativi MIbac e Autorità vigilanza sui LL.PP.

Prot. UDC 10523 del 3 giugno 2004

Egr. Sig.ra Anna Chiappa Via Garibaldi 19/12 17011 Albisola Superiore (SV)

Oggetto: parere sulla portata applicativa dell'articolo 7 del D.M. 294/2000 (rif. note prot. in carico n. 8137 in data 29 aprile 2004 e n. 9443 in data 19 maggio 2004).

Si riscontrano le note in oggetto.

Occorre sottolineare che questo Ufficio non ha tra i suoi compiti istituzionali quello di svolgere attività di interpretazione giuridico-amministrativa, o comunque informativa nei confronti di soggetti esterni all'organizzazione del Ministero.
Ne consegue che la diffida presentata dalla S.V. è priva del presupposto consistente nell'obbligo di provvedere.
Purtuttavia, nella prospettiva di una doverosa collaborazione con il privato, si forniscono, nei tempi consentiti dalle incombenze ordinarie, i chiarimenti richiesti.
1. I requisiti necessari al conseguimento della qualifica di restauratore sono previsti, in via esclusiva, dall'articolo 7 del D.M. 294/2000, come modificato dall'articolo 3 del D.M. 420/2001.
La disciplina a regime, contenuta nel comma 1 - in base alla quale sono restauratori di beni culturali coloro che conseguono un diploma di una scuola di restauro quadriennale presso gli istituti centrali dello Stato (I.C.R. e O.P.D.) o un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico (classe 12 S) - non dà luogo a particolari problemi interpretativi.
La disciplina transitoria, contenuta nel comma 2, lega il conseguimento della qualifica di restauratore di beni culturali, alternativamente, al possesso, alla data del 16 dicembre 2001, dei seguenti requisiti: diploma di scuola di restauro almeno biennale unito allo svolgimento di attività di restauro di beni mobili o superfici decorate, in proprio ovvero in posizione di lavoro dipendente o collaborazione professionale con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, per un periodo doppio di quello mancante al raggiungimento del quadriennio di formazione (lettera a); svolgimento di detta attività per almeno otto anni (lettera b); diploma biennale di scuola di restauro, oppure svolgimento dell'attività predetta per almeno quattro anni, richiedendo in questi casi il superamento di un'apposita prova di idoneità (lettera e); quest'ultima possibilità dovrà essere disciplinata con decreto ministeriale, ancora non emanato.
Alla luce della descrizione fornita dalla S.V. dell'attività svolta presso la Provincia di Savona nell'ambito del progetto "Fondi Antichi", non sembra che ricorrano gli elementi qualificanti l'attività di restauro prevista dall'art. 7; infatti, manca l'intervento diretto sul bene che caratterizza il restauro di beni culturali (cfr. articolo 34 del Testo Unico di cui al d.lgs. 490/1999; nonché, oggi, articolo 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al d.lgs. 42/2004), rispetto al quale l'attività di analisi e diagnosi descritta dalla S.V. assume una valenza strumentale e preparatoria.
La necessità che l'attività abbia dato luogo ad interventi diretti, specificamente ed analiticamente documentati, è confermata dal fatto che l'articolo 7 richiede la certificazione del buon esito del lavoro rilasciato dall'autorità di tutela.
Inoltre, laddove non vi sia stata l'acquisizione in proprio del lavoro (come avviene nel caso di affidamento al titolare di una ditta individuale), è necessario che esso sia stato condotto con autonomia operativa da parte del soggetto interessato ("responsabilità diretta nella gestione tecnica"), requisito che si riscontra soltanto laddove l'interessato abbia ricoperto la posizione di direttore tecnico, ovvero possa documentare, con riferimento alla documentazione pubblica concernente il lavoro, di aver svolto funzioni di capocantiere.
In mancanza dei requisiti per il conseguimento della qualifica di restauratore di beni culturali, resta aperta la possibilità di conseguire quella di collaboratore restauratore di beni culturali, che richiede requisiti meno selettivi, consistenti (articolo 8 del D.M. in questione) nel possesso di un diploma di laurea universitaria triennale in tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali, di un diploma di Accademia di Belle arti con insegnamento almeno triennale in restauro, ovvero di un diploma di scuola di restauro almeno triennale (comma 1); oppure, in via transitoria, nello svolgimento, alla data del 16 dicembre 2001, di lavori di restauro per almeno quattro anni, documentabile mediante dichiarazione del datore di lavoro o autocertificazione, accompagnata dal visto di buon esito dell'intervento da parte dell'autorità di tutela (comma 2).
2. La normativa vigente non prevede una verifica del possesso dei requisiti necessari al conseguimento delle qualifiche in questione che possa dar luogo ad una certificazione utilizzabile dagli interessati in via permanente o per un periodo predeterminato.
La verifica viene effettuata ai fini della partecipazione ad una gara di appalto, ovvero dell'affidamento diretto di un lavoro, da parte delle singole stazioni appaltanti; oppure, da parte delle S.O.A., qualora il nominativo dell'interessato venga indicato da un'impresa ai fini delia qualificazione per la categoria OS2 (lo stesso D.M. 294/2000 prevede, quale requisito specifico di qualificazione, la presenza in organico di restauratori e collaboratori restauratori entro determinate percentuali).
La mancanza di un potere certificativo unico e di un correlativo elenco dei soggetti abilitati rappresenta una carenza della disciplina attuale, che il Ministero sta cercando di colmare.
Ciò non impedisce peraltro che le Soprintendenze, su richiesta degli interessati, procedano ad attestare una volta per tutte, con efficacia limitata ai lavori di propria competenza, il possesso dei requisiti di legge.

IL CAPO DELL'UFFICIO LEGISLATIVO
(Cons. Mario Luigi Torsello)




MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
Ufficio Legislativo
Via del Collegio Romano, 27
00186 ROMA
Fax: 06.67.23.22.90

Per Conoscenza
AUTORITÀ PER LA VIGILANZA
SUI LAVORI PUBBLICI
Settore Affari Giuridici
fax: 06.36.72.33.62


Rif.: fax inviatoVi 25 febbraio 2005 e sollecito inviatoVi il 29/03/2005
Oggetto: definizione degli atti previsti nel D.M. 294/2000 come modificato dal D.M. 420/2001

La sottoscritta …in data 29 marzo 2005 Vi ha inviato richiesta di definizione degli atti previsti agli artt. 7 8 e 9 del D.M 294/2000 come modificato dal D.M. 420/2001. Poiché da colloquio telefonico intercorso con l’U.R.P. risulta che mancano le direttive, che dovrebbero giungere da Voi, Vi pongo direttamente il quesito:

Oggetto: chiarimento sui certificati e sul visto previsti all’art. 7 8 e 9 del D.M. 294/2000 come modificato dal D.M.420/2001

L’art. 7 prevede certificazione, “…, con regolare esecuzione CERTIFICATA DA PARTE dell'autorità preposta alla tutela del bene…”
Ho richiesto le suddette certificazioni e mi sono state fatte fare in conformità all’art. 22, comma 7 del decreto n. 34.
Eppure la certificazione dell’art. 7 non sembra la stessa dell’art. 9, e se, eventualmente fosse la stessa, sono validi i vecchi certificati che non riportano l’attestazione della soprintendenza, ciò è previsto al comma 8 dell’art. 22 del DPR 34/2000 e confermato dal Ministero dei Lavori Pubblici in una sua circolare.
Inoltre il problema dei certificati si pone nei confronti di lavori svolti per privati su beni notificati e per i beni ecclesiastici.
Quindi chiedo di definire come devono essere le certificazioni previste all’art. 7 del DM. 294/2000 e da chi devono essere rilasciate.

L’art. 8 prevede il visto “… L'attività svolta … autocertificata…, accompagnata dal VISTO di buon esito degli interventi RILASCIATO dall'autorità preposta alla tutela dei beni oggetto del lavoro .”
Che cos’è il visto di buon esito e su quale documento deve essere apposto e da chi deve essere rilasciato.

l’art.9 prevede la certificazione in base al DPR 34/2000 “La certificazione dei lavori utili ai fini di cui all'articolo 4 è REDATTA IN CONFORMITÀ a quanto previsto dall'articolo 22, comma 7 del decreto n. 34.”;

Gli atti previsti in questi tre articoli sono diversi, chiedo che siano chiaramente definiti, poiché le soprintendenze sembrano fare confusione.
Chiedo quindi di poter sapere come sono gli atti previsti agli artt. 7, 8 e 9 del D.M. 294/2000 come modificato dal D.M. 420/2001, da chi debbono essere rilasciati e con che modalità, poiché mancando la definizione precisa:

art. 7 “ con REGOLARE ESECUZIONE CERTIFICATA DA PARTE dell'autorità preposta alla tutela del bene”

art. 8 “L'attività svolta … autocertificata…, accompagnata dal VISTO di buon esito degli interventi RILASCIATO dall'autorità preposta alla tutela dei beni oggetto del lavoro”

sembrerebbe che gli atti previsti agli artt. 7 e 8 siano atti impossibili da identificare, poiché non hanno una definizione precisa e quindi le soprintendenze rilasciano solamente la certificazione dell’art. 9. “La certificazione dei lavori utili ai fini di cui all'articolo 4 è REDATTA IN CONFORMITÀ a quanto previsto dall'articolo 22, comma 7 del decreto n. 34.”.

Vi chiedo quindi:

1) se questi atti formalmente e legalmente esistono, e quindi sono stati definiti, di comunicarmi gli estremi dell’atto (circolare, parere, regolamento, direttiva comunicazione ecc.) che li definisce,
2) se invece gli atti presenti nel D.M. 294/2000 come modificato dal D.M. 420/2001 non fossero ancora stati definiti, di sapere come devono essere ( il contenuto, cosa devono dichiarare, ecc.), da chi debbono essere rilasciati, con che modalità, ed in che modo devono essere richiesti.
3) Ho richiesto le suddette certificazioni e mi sono state fatte fare in conformità all’art. 22, comma 7 del decreto n. 34.
Eppure la certificazione dell’art. 7 non è la stessa dell’art. 9, e se, eventualmente fosse la stessa, sono validi i vecchi certificati che non riportano l’attestazione della soprintendenza, ciò è previsto al comma 8 dell’art. 22 del DPR 34/2000 e confermato dal Ministero dei Lavori Pubblici in una sua circolare.
Inoltre il problema dei certificati si pone nei confronti di lavori svolti per privati su beni notificati e per i beni ecclesiastici.
4) Ho provato a richiedere il visto e nuovamente mi hanno riportato alla certificazione dell’art. 9.

Richiedo che mi sia data risposta con i tempi e le modalità della L. 241/90 e D.P.R. 352/92 e successive integrazioni.
Cordiali saluti.


Albisola Superiore 7 giugno 2005





Spett. AUTORITÀ PER LA VIGILANZA
SUI LAVORI PUBBLICI
Settore Affari Giuridici
fax: 06.36.72.33.62







Oggetto: definizione degli atti previsti nel D.M. 294/2000 come modificato dal D.M. 420/2001


Vi invio per conoscenza copia del quesito inviato al MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, sulle problematiche connesse agli atti previsti ali artt. 7, 8, e 9 del D.M. 294/2000 come modificato dal D.M. 420/2001, poiché i suddetti atti sono dimostrativi al fine dell’idoneità organizzativa, come previsto dall’art. 5 del D.M. 294/2000 come modificato dal D.M. 420/2001.
Cordiali saluti


Albisola Superiore 6 giugno 2005



Allegato: copia quesito al MBCA


RISPOSTA DEL MINISTERO


UFFICIO LEGISLATIVO
Prot. UDC 19398
Fascicolo:2.1.00.12.02 .
ROMA, lì 25/07/2005

Oggetto: atti previsti dagli articoli 7, 8 e 9, del D.M. 294/2000.

Si riscontra la richiesta di parere formulata, da ultimo, con nota in data 7 giugno 2005, concernente la forma e le modalità di rilascio agli interessati, da parte delle soprintendenze, degli atti necessarie a comprovare il possesso dei requisiti utili al conseguimento della qualifica di restauratore e di collaboratore restauratore, ai sensi delle disposizioni in oggetto.
Si chiarisce che non sono stati emanati atti generali, schemi o modelli, per il rilascio di dette attestazioni, che potranno quindi avere qualsiasi forma utile allo scopo.
Quanto al contenuto, in attesa di un chiarimento nonnativo, si ritiene che i certificati di cui all'articolo 7, comma 2, del D.M. 294/2000, debbano consistere in una dichiarazione dell'autorità di tutela del bene oggetto dell'intervento conservativo (la quale ha svolto il ruolo di stazione appaltante oppure, come nel caso di beni privati, ha autorizzato l'intervento e vigilato sulla sua esecuzione), in cui, sulla base delle risultanze ufficiali (atti di archivio, eventualmente integrati dalla documentazione prodotta dall'interessato), siano attestati l'avvenuta esecuzione con esito positivo dell'intervento, le sue caratteristiche distintive e la sua durata, oltre alla circostanza che l'interessato vi abbia svolto il ruolo previsto dalla predetta disposizione (abbia cioè avuto la "'responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento").
Più semplicemente, nell'ipotesi di cui all'articolo 8, il funzionario della soprintendenza è chiamato ad apporre, sulla documentazione probatoria ovvero sulla autodichiarazione prodotta dall'interessato (comprovanti l'attività svolta dal
richiedente ed il suo rapporto di lavoro con l'impresa affidataria dell'appalto), la medesima dichiarazione circa l'avvenuta esecuzione con esito positivo dell'intervento, le sue caratteristiche distintive e la sua durata.

Il Capo dell'Ufficio Legislativo
(Avv. Antonio Mario Scino)



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