IL MOTTO DI CREMIA - STUDIO PER LA TUTELA DELL’ANTICO BORGO 16-03-2010 Giorgio Pajetta
Cremia 15 Febbraio 2010
L'antico borgo il Motto di Cremia rappresenta una risorsa culturale di valore incalcolabile per la somma di tracce e valenze storiche che mantiene inalterate da più di mille anni, nonostante l'incuria della civiltà tecnologica e il disfacimento operato dal tempo. Oggi, una Amministrazione che rivendica i valori del localismo, delle tradizioni culturali e dell'identità lombarde e lariane dovrebbe prendere atto, finalmente, che il Motto di Cremia rappresenta il cuore e l'anima di tutto il comune e di tutti i suoi abitanti e che, dunque, abbandonare la passione civile per il proprio passato vuol dire disconoscere lo spirito del luogo e della storia, con la conseguenza di una mutazione irreversibile del proprio DNA culturale. Questa breve relazione illustrata ha lo scopo di puntualizzare alcune - certo non tutte - importanti valenze storiche dell'antico borgo per mettere l'Amministrazione di Cremia e tutti gli enti preposti alla gestione e al controllo del territorio dei quattro comuni del Bregagno in condizione di comprendere la grande responsabilità civile che compete la decisione circa il futuro del Motto. Ci sembra importante ricordare che la passione culturale che ha guidato questa ricerca è la stessa che abbiamo ritrovato nel Piano Territoriale di Coordinamento che la Provicia di Como ha elaborato nel 2006. Questo strumento urbanistico - cornice culturale di tutti i P.G.T del territorio lariano - indica nel comune di Cremia tre elementi storici da tutrlare: le chiese di San Vito, la chiesa di San Michele, e il Motto definito “Area complesso fortificato medievale”. In particolare la relazione al Capitolo 2.1.5 - Centri e nuclei storici - così recita: "Oggi è generalmente e altrettanto diffusa la convinzione che gli obiettivi di recupero e valorizzazione di questo tipo di beni siano da considerare irrinunciabili per una molteplicità di motivi culturali, sociali, nonché economici e la qualificazione dei centri e dei nuclei storici, si muova non solo al principale obiettivo di preservare e rispettare i valori socio-culturali, storici, architettonici, urbanistici e ambientali del territorio, che concorrono a definire l'identità delle sue comunità….I nuclei storici costituiscono una preziosa eredità e testimonianza sulle origini e la formazione delle popolazioni locali che il PTCP considera parte integrante del patrimonio ambientale complessivo del territorio provinciale, e dei quali intende promuovere e sostenere la preservazione".
Il Motto di Cremia Studio per la tutela dell’antico borgo Ragioni di una difesa
Il sistema di comunicazione lungo il bacino del Lario ha avuto due grandi vie di transito. In epoca neolitica, dal 3000 al 1000 avanti Cristo le popolazioni, per sicurezza vivevano in piccoli accampamenti sui monti lariani , percorrendo una Strada a circa mille-milleduecento metri di quota sul livello del lago dove oggi troviamo oltre agli insediamenti montani e i pascoli delle comunità lariane, anche le tracce rupestri degli antichissimi riti delle prime religioni legate agli spiriti della natura. In epoca romana viene tracciata una strada da Como a Colico che collega gli insediamenti a una distanza variabile dai 100 a 250 metri dal lago. La strada Regia romana è tuttora percorribile (Fig.9) da S. Maria Rezzonico a Pianello, attraversando il comune di Cremia. In epoca medievale il Lago diventa luogo strategico per i transiti militari e commerciali tra la pianura Padana e i passi delle Alpi Centrali. Il Lario si struttura come un grande bacino di percorsi lacuali e terrestri presidiati da un sistema di possenti fortificazioni collegate da una rete fitta di torri di avvistamento a difesa da possibili invasioni delle popolazioni nordiche (gli Ungari, i Goti, ecc.). Erano tre le gradi vie di comunicazione con l'Europa (fig. 2): la Regina, sul ramo comasco, ( l'antica strada Regia romana che la tradizione popolare racconta essere stata ristrutturata in epoca longobarda dalla Regina Teodolinda) e la Riviera sul ramo lecchese, che fiancheggiavano il lago collegando la pianura padana con la Germania; la Oria che collegava la Padania alla Gallia. I grandi presidi militari o castelli erano posizionati nei punti cruciali delle grandi vie di comunicazione , mentre le torri di guardia creavano una rete di concatenamento visivo che permetteva di trasmettere in breve tempo le notizie dell'avvicinarsi del pericolo con fuochi notturni e con fumate diurne. Queste vicende impressionarono le popolazioni montane - il cui problema fondamentale era la sicurezza - ispirando leggende, tuttora vive e da collegarsi alla presenza di cappelle votive negli antichi castri. Le torri di guardia persero, in epoca più recente, la funzione di difesa e, decapitate dalle ingiurie del tempo, vennero adibite per uso agricolo e ristrutturate con tetti a capanna. Il territorio del comune di Cremia ha avuto lungo i secoli, dall'età romana ai .giorni nostri una dinamica insediativa che si ripete per tutti gli indsediamenti lungo la sponda occidentale del Lario da Como a Samolaco. Il modo più concreto di capire questa dinamica consiste nel fare una lettura delle tavole del catasto teresiano del 1720 (fig. 8), anche alla luce di quanto hanno scritto sull'argomento studiosi come Mariuccia Belloni Zecchinelli, Mario Mirabella Roberti, Renato Bianchi, Carlo Perogalli, Luigi Belloni, Pietro Pensa, e confrontare la realtà dei primi anni del '700 - certamente non molto dissimile da quella del basso Medioevo - con la realtà di oggi. La storia racconta che la colonizzazione romana del lago inizia attorno al 196 a.c. con la conquista e la rifondazione di Como ad opera del console Marco Marcello (che come dice Tito Livio trova oltre Como 28 Castella sparse sul territorio del Lario) e prosegue con la creazione di comunità coloniche - le ville romane - che saranno gli embrioni degli insediamenti di età altomedioevale e dei paesi e delle frazioni dal tardo '600 fino ad oggi. La riviera lariana in età pre-romana era un rincorrersi disabitato di insenature, boschi, prati e promontori rocciosi. Fin dall'età neolitica gli abitatori del lago, i parenti dell'uomo di Similaun, vivevano in piccoli nuclei nomadi sulla cima dei monti lariani (percorrendo un sentiero ancora oggi percorribile) e scendevano al massimo a mezza costa dove oggi abbiamo trovato tracce di graffiti incisi nelle rocce e di coppelle scavate per riti votivi e sciamanici. I Romani pur essendo grandi costruttori di strade usarono sicuramente il lago per il trasporto delle legioni dirette alla conquista dei territori del nord, la Rezia, la Gallia ecc. , ma per i collegamenti agli insediamenti colonici costieri crearono a circa 2/300 metri dal lago, seguendo le curve di livello della costa, una mulattiera che raramente diventa carraia, inadatta al passaggio delle legioni : l'antica strada Regia che da Como raggiunge Samolaco al vertice nord del Lario e prosegue verso Chiavenna e la Rezia. Questa strada Regia, unitamente alla simmetrica Riviera sulla costa orientale, nata come collettore di collegamento dei sentieri che portavano alle "ville" romane costiere, divenne in epoca altomedievale e longobarda la via di transito di tutte le popolazioni bellicorse che arrivavano in Italia dal nord Europa.. Analizzando le tavole del catasto teresiamo (Fig. 8) osserviamo che l'antica strada Regia non attraversava alcun insediamento costiero, mentre parallelamente ad essa, e su livelli più alti, altre mulattiere consentivano i collegamenti tra gli antichi borghi. In particolare nel territorio di Cremia il sentiero del primo livello collegava i borghi di Marnino, Ghiano, Pusgnano, il sentiero del secondo livello collegava Vezzedo, Semurano, Vignola, Cantone, Motto, infine il sentiero del terzo livello più elevato collegava Cadreglio e Samaino. Possiamo notare che il collegamento più importante e più antico - parallelo alla strada Regina - è quello del secondo livello perché attraversa tutta l'area comunale collegando i due borghi ai confini, Vezzedo e Motto, e prosegue a nord verso la frazione S. Anna di Pianello e a Sud verso S. Maria Rezzonico. L'importanza di questo sentiero è sottolineata dal fatto che nella sua parte mediana lambisce un vasto pianoro, che domina tutto il lago dall'alto, in cui oggi troviamo la chiesa-canonica, il comune, il cimitero e il campo di calcio, ma sulla cui area in età altomedioevale era probabilmente insediato il grande castello feudale della famiglia De Castro Cremiae , oggi perduto ma di cui parlano antichi documenti dei primi anni del millennio. Dove era una fortificazione precedente, romana o bizantina, questa risorse in funzione della comunità rurale. Osservando ancora più attentamente la pianta del catasto teresiano (Fig. 8) notiamo un grande insediamento a forma stellare con la lettera C che certamente nei primi del '700 conservava attorno alla chiesa di S. Michele e dell'antico convento delle Umiliate, le tracce murarie, oggi scomparse, dell'antico castello-recinto staccato dai nuclei abitativi, luogo di rifugio delle popolazioni in caso di pericolo, incentrando così una tipica "castellanza" (Mariuccia Belloni Zecchinelli, Le fortificazioni del lago di Como, Atti del Convegno, Ed. Cairoli, 1971). E' interessante osservare come in duemila anni di storia le dinamiche insediative abbiano portato l'antico castrum tardo-romano/bizantino a diventare nell'alto medioevo castello-recinto rifugio delle popolazioni rurali, nel basso medioevo castello di pieve (per la presenza della chiesa-rifugio dei pellegrini), nel '500 chiesa di S. Michele e convento, ed infine oggi chiesa- canonica sede del comune, campo sportivo e cimitero. Per circa duemila anni - fino ai nostri giorni - la piana di Vignola è stata forse il luogo dove si esercitava una funzione pubblica, di prerogativa sovrana o religiosa, che garantiva assistenza e sicurezza.. La caduta delle mura dei borghi e la trasformazione di importanti fortificazioni come il fantomatico castello di Cremia e molti altri castelli-recinti in edilizia civile o religiosa - il castello di Menaggio, di Musso, di Gravedona, di Argegno, di Tremezzo, ed infine quello di Bellagio, demolito alla fine del 1300 e sulla cui area venne costruita villa Serbelloni - inizia nel 1400 e dal 1550 si generalizza durante la dominazione spagnola che, con la Pax Hispanica e l'epoca borromaica, garantisce alle popolazioni sicurezza civile ed espansione religiosa fino ad allora impensabile. Una osservazione interessante riguarda tutta la fascia costiera che dalla Regina scende a lago: nei primi anni del '700 ci appare come un nastro di terreno profondo circa 250 metri che corre lungo la linea d'acqua del lago, completamente privo di insediamenti, tranne la doppia chiesa (romanica e quattrocentesca) di S. Vito a cui si accedeva dall'antica Regina con un unico sentiero. Alcuni ritrovamenti di reperti romani negli scavi presso la chiesa di S. Vito (reperti, forse, di un'antica necropoli) hanno fatto ritenere che il castello della famiglia De castro Cremiae di cui parlano documenti del 1100 fosse insediato su quest'area. L'ipotesi mi sembra del tutto arbitraria, sia perché non vi è la minima traccia di queste fortificazioni medioevali, sia perché contraddice le ricerche che gli studiosi, e in particolare Mariuccia Belloni Zecchinelli, hanno fatto circa l'evoluzione dei sistemi fortificati del Lario in base ai quali abbiamo formulato l'ipotesi che se un castello è esistito la posizione più attendibile sarebbe stata il pianoro di Vignola. In età romana sull'area della chiesa di S. Vito è più probabile ipotizzare che ci fosse un tempietto votivo e una necropoli (come da reperti) che i romani posizionavano sempre distante dai centri abitati. Tornando alla strada Regia romana, i più recenti studi guidati da Renato Bianchi, attento studioso e presidente dell'Associazione Antica Strada Regina, hanno messo in evidenza come in realtà non si debba pensare ad un unica strada ma ad un fascio di strade parallele a diversi livelli che venivano utilizzate a seconda del periodo, delle condizioni ambientali e della convenienza ( come evidenziano le mappe del catasto teresiano in maniera inequivocabile). La strada Regia da questa ottica storica è da considerarsi a tutti gli effetti una strada longobarda, cioè giustamente Regina (Teodolinda , come da tradizione popolare), e non romana perché proprio in epoca longobarda e per tutto l'alto medioevo diviene la strada per tutti i traffici dalla Lombardia alle regioni del nord Europa. Come sintesi finale dei miei studi circa l'organizzazione del territorio di Cremia dall'epoca comunale fino alla dominazione spagnola possiamo ritenere che si trattasse di un sistema di borghi rurali collegati da mulattiere di origine romana lungo le curve di livello del versante lariano. Al centro del sistema c'era il castello-recinto signorile. L'antica strada Regina non attraversava i centri abitati ma da essa (una spece di autostrada medioevale) partivano, verso monte i collegamenti ai sentieri di percorrenza più elevati che collegavano gli antichi borghi, mentre a lago solo i sentieri verso chiese e santuari medioevali sorti su antichi tempietti dedicati, in età romana, alle divinità silvestri (come dimostra il tempietto pre-romanico di S. Fedelino (Fig. 26), punto di incontro tra le divinità romane e i primi santi cristiani) . Dalla planimetria teresiana (fig. 8) osserviamo un territorio dalla articolata struttura antropico-insediativa in cui i borghi rurali, la rigorosa maglia ortogonale di percorsi (frutto dell'ordine romano) e la complessa e integrata rete idrografica si fondono in quell' armonioso abbaccio col Lario che ancora oggi percepiano - seppur mutilato - e a cui abbiamo dato un nome bello ma che oggi appare retorico: Il Paesaggio. La professoressa Belloni Zecchinelli nei suoi studi sulle fortificazioni del lago di Como nota come ci sia una corrispondenza simmetrica e parallela tra i castelli e le torri dei due versanti, occidentale e orientale del lago. Ciò avvalora l'ipotesi che il castello De Castro Cremiae, in esatta corrispondenza con castello di Dervio (Fig. 10) sull'altra sponda del lago, sorgesse proprio sul pianoro di Vignola, dominando tutta la sponda orientale del lago da Colico a Varenna e interagendo con le torri di Montecchio (Fig. 5, 6) a Colico, il castello di Corenno Plinio, il castello di Dervio, il castello di Bellano e la torre del Vezio a Varenna. Da questi studi nasce l’ipotesi che in realtà la strada romana più antica, che all'origine collegava gli insediamenti colonici e lambiva un antico presidio tardo-antico fosse proprio quel sentiero che oggi vediamo attraversare tutto il territorio comunale da Vezzedo al Motto e che proprio nell'antico borgo del Motto lambiva una casa-torre di avvistamento ( Copertina e fig. 11) che dominava da Cremia la sponda orientale a nord del lago. Si trattava di un presidio strategico importante per il controllo della via di accesso da nord nel territorio comunale - perchè proprio da lì venivano i maggiori pericoli per le popolazioni - e nel contempo di un’opera realizzata a segnare il confine del territorio del comune.
Tutti gli insediamenti edilizi di età alto medievale, dal nord Italia, al centro Italia, fino al Meridione, che fossero grandi insediamenti o piccoli borghi rurali, ebbero una tipologia costante che prese il nome - a seconda della dimensione - di città murata, cittadella murata o borgo rurale murato. In realtà la tipologia dei borghi murati o fortificati nasce nel VII come l’espressione più semplice e rustica dell’antico “castrum bizantino” (che avrà anche sviluppi di ineguagliata grandiosità e magnificenza). Spesso si è soliti dare al termine “castrum” lo stesso significato di castello, mentre in realtà il castrum a differenza del castello nasce come villaggio, insediamento fortificato. I villaggi e i centri minori per motivi di economia e di pericolo continuo si svilupparono velocemente sul modello del castrum bizantino, ovvero un gruppo di case-torri affiancate una all’altra in modo da formare una corona fortificata le cui mura esterne sono di fatto le pareti delle case; questi insediamenti vennero edificati solitamente su alture, su colline, sulle antiche acropoli, sulle coste sfruttando i dislivelli come terrazze per elevare le abitazioni dal terreno, le costruzioni avevano un aspetto ermetico con poche aperture all’esterno mentre l’interno era illuminato spesso da piccoli cortili, ben curati ma di fattura spartana. La tecnica costruttiva per edificare questi insediamenti era quella dell’ ammottamento (il contario di smottamento) sinonimo di tezzazzamento. L’ ammottamento deriva da “motta” termine che compare nel IX secolo ed indica una collina o una terrazza eretta con il terreno di risulta di uno scavo. L’insediamento veniva realizzato lungo la pendenza del terreno edificando le case su terrazzamenti ottenuti da scavi e riporti di terra contraffortati da muri a secco. In età comunale la fortificazione divenne ovunque una necessità di vita e anche sulle sponde del Lario ogni piccolo comune si strutturò per la difesa con un sistema fortificato che vedeva al centro il castello di borgo, di pieve o il castrum curtense e nel territorio comunale circostante i borghi rurali murati secondo lo schema del castrum bizantino. In particolare mentre grandi comunità disponevano di mura imponenti, castri e torri, le piccole comunità agricole si riunivano in abitazioni rurali posizionate su dossi (Fig.18), che consentivano una naturale protezione ulteriormente garantita da un perimetro di costruzioni murarie rustiche e spontane. Dal “castrum” bizantino al borgo rurale fortificato
IL motto dal 1720 a oggi Al culmine del "motto" veniva edificata una torre di guardia oppure un edificio rurale fortificato - a sviluppo verticale - che serviva da difesa, da osservazione e comunicazione col territorio circostante e addirittura - nel caso dei borghi lariani - con l'altra sponda del lago. Questo edificio verticale, che spesso era un primo presidio fortificato in luogo strategico attorno al quale si aggregavano successivamente le case, aveva anche una forte carica simbolica, come un totem che rafforzava il desiderio di sicurezza della comunità cementandone l’identità e il senso di appartenenza. All'interno di questo villaggio medievale la comunità divideva tutte le funzioni produttive legate ad un'economia rurale primitiva ma efficacissima: i locali e i recinti di ricovero degli animali, le porcilaie, i locali per lo stivaggio del fieno e dei cereali, i piccoli edifici per il trattamento delle castagne ed infine le abitazioni vere e proprie accorpate - strette l'una all'altra quasi a difendersi - in corpi di fabbrica costruiti attorno a piccoli cortili. Alla fine del borgo uno spazio comune , la piazza del paese in nuce, serviva come luogo d'incontro quotidiano o di ritrovo nelle feste antiche che scandivano il rincorrersi delle stagioni: l'equinozio di primavera (la Pasqua) e d'autunno, il solstizio d'estate (S. Giovanni) e d'inverno (il Natale). All'ingresso del borgo spesso c'era una edicola votiva con affresco della madonna e del santo patrono (Fig. 13). “La piccola comunità di Cremia fu una delle prime sul Lario a darsi una propria amministrazione democratica dopo lo sfascio dell'impero carolingio. Carte d'archivio del 1143 ci informano che nel nostro paese già a quell’epoca veniva eletto dalla Vicìnia, cioè dall'assemblea dei capifamiglia, il Consiglio della credenza composto da sei Boni homines con il compito di coadiuvare i consoli nei loro compiti amministrativi e giurisdizionali........Le terre dell’Alto Lario parteciparono al fenomeno curtense, quando allo scopo di proteggere le piccole unità rurali dalle invasioni dei barbari, venne conferto ad alcune famigle locali il diritto di erigere un castrum o un castello o una torre. Fu questo l’atto di nascita dellanobiltà rurale. E’ storicamente accertato che in Crema ebbe un’investitura di queto tipo la famiglia De Castro Cremie. In vari atti notarili troviamo citati, nel 1172, Vuibertus e Albericus De Castro Cremie.....” (Edoardo Bregani, Il territorio e la storia, in “Cremia frammenti di storia”, Nuova Editrice Delta, 2010) Poichè dal nome, De Castro (famiglia che nel 1300 perde il feudo e si trasferisce a Gravedona), si può pensare che la famiglia fosse già titolare di un castrum di origine bizantina, risulta plausibile ipotizzare che proprio il Motto, quel gruppo di case arroccate con la casa-torre sullo sperone roccioso più alto che domina il lago, contenga le tracce dell’antico castrum della famiglia De Castro che nel 1172 riceve l’investitura per erigere quel famoso castello che forse non è mai stato eretto o se lo è stato la posizione più probabile era la piana di Vignola. Sono numerosi i testi di architettura fortificata che parlano proprio di questo passaggio che le famigle feudali compivano in età medievale: l’incastellamento, che certamente è avvenuto anche a Cremia ma del quale possiamo fare solo ipotesi non avendo lasciato tracce. Come si può vedere, descrivendo l'antico borgo rurale murato sullo schema del castrum bizantino - analizzato in tutti i testi di storia dell'architettura altomedievale, - abbiamo fotografato il Motto di Cremia che, dopo avere per mille anni superato le ingiurie del tempo e degli uomini, mantiene fortunatamente ancora intatte le caratteristiche tipologiche del borgo murato medievale. Ha la sua posizione strategica e protetta su un piccolo dosso a strapiombo sulla valle, (Fig. 18) le mura perimetrali a formare una cinta fortificata (figg. 19, 21), la sua torre di guardia o casa-forte, le sue costruzioni rurali e per la pastorizia, la sua piccola piazza, i suoi edifici abitativi, l’edicola votiva con l'immagine sacra (Fig. 13). Dalla torre del Motto (Fig. 12) si controllano circa venti chilometri di sponda orientale da Varenna a Colico , si può osservare tutto il suo sistema fotificato - la torre di Varenna, le fortificazioni di Bellano e Dervio (fig. 10), quelle di Corenno, Colico e Montecchio (Figg. 5, 6) - ma soprattutto si controlla l’accesso al comune dal confine a nord, il più pericoloso. Anche le piante del catasto teresiano chiariscono, pur senza grandi dettagli, la conformazione degli antichi borghi rurali murati di origine bizantina di cui parlano le ricerche storiche sul Lario. Un’attenta osservazione della porzione catastale che riguarda il Motto (Fig. 14) manifesta i tratti salienti dell'insediamento: un sentiero-mulattiera separa due schiere di edifici, quella a valle sul versante roccioso della collina, quella a monte creata da un ammottamento del terreno sottostante sostenuto da un muro in pietra di contenimento di circa 2/3 metri (Fig. 19). Di questo secondo inse- Fig. 22 Tipologia a schiera medievale di grande pregio storico-architettonico localizzata all’inizio del borgo lungo lo stradello in acciotolato che circonda il borgo fino a valle. 21 diamento, assente nel catasto Lombardo-Veneto, restano solo le tracce di alcuni muri perimetrali, ma la sua posizione - adiacente alla torre nella massima elevazione - fa pensare a un primo nucleo fortificato successivamente demolito forse per costruire le case sottostanti. E proprio il nome Motto fa pensare gli studiosi che dopo lo sfascio dell’impero carolingio, attorno al 1000, nel comune di Cremia - che si era appena dato uno statuto democratico - un piccolo feudatario provvide a insediare all’estremo nord dei confini comunali (perchè proprio da lì venivano i maggiori pericoli) una fortificazione “ammottata” secondo l’uso bizantino, e affiancata lateralmente, su uno o sperone di roccia, da una casa-torre o casa-forte in posizione di massima protezione e controllo dei transiti lungo la mulattiera romana più antica che collegava i borghi rurali e forse anche, in località Vignola, il castello feudale oggi scomparso. Nei decenni e nei secoli successivi nasce in posizione sottostante, come da prassi insediativa medievale, il borgo murato come oggi ci appare fortunatamente quasi intatto. All'inizio e alla fine del borgo c'erano le strutture di servizio alle abitazioni e alle attività rurali. All'inizio un interessantissimo complesso, ancora fortunatamente intatto, di case a schiera gradonate (Fig. 22), ciascuna col suo giardinetto antistante si configura, anche a detta degli ultimi abitatori novantenni interpellati nel 1984, come un edificio che conteneva alcune attività artigianali di servizio, forse il fabbro, il maniscalco, il falegname, il vasaio. Alla fine del borgo vi era una piccola piazza su cui si affacciavano il recinto delle pecore, la porcilaia, la stalla e la casa del fumo - cioè il locale per essiccare le castagne - (tutti edifici ancora funzionanti nell'84) ed infine in chiusura una casa-torre con funzione di presidio e di avvistamento (Fig. 24), edifico con base di circa sei metri per sei e cinquanta (misure standard per la tipologia del lago) e altezza di dodici metri con murature di circa 70 centimetri, con solo due finestrelle originali ad arco in cotto (Fig. 25) sui due lati, a testimonianza nell'uso complementare di pietra e cotto delle più antiche tecniche costruttive nelle pievi preromaniche (come ad esempio nel tempietto di S. Fedelino (Fig. 26) alla fine del percorso lacustre dell'antica Regina sul lago di Mezzola). Sicuramente l’insediamento rurale era murato come testimonia l’aggregazione delle case le cui pareti esterne, sia verso la mulattiera a monte che verso la valle, funzionano di fatto come corona fortificata (Figg. 19, 21). Queste ipotesi fondate sugli studi di eminenti storici dell’architettura alto-medievale ne avvalorano una di primaria importanza per la salvezza e la tutela dell’antico borgo: il nome “Motto”, derivato come abbiamo visto dalle “motte” o “ammottamenti” strutture difensive che compaiono nel IX secolo, fa di questo antico insediamento uno dei primi nuclei abitativi - se non addirittura il primo - del comune di Cremia, quel “castrum” da cui ha preso forse nome la famiglia De Castro investita, in epoca comunale nel XII secolo, per la costruzione del più prestigioso castello feudale.
Questo antico borgo murato che si è conservato quasi intatto fino ai recenti crolli - da me previsti fin dal 1985 - per l'incuria dei privati e di una pubblica amministrazione che non ha mai considerato il paesaggio e la sua storia come beni collettivi da tutelare, costituisce una preziosa eredità e testimonianza sulle origini, sulla formazione e sui saperi delle popolazioni locali. Ed è proprio questa eredità che i cittadini di Cremia devono valorizzare come patrimonio storico-architettonico vitale da affidare alle future generazioni. Vorrei sottolineare che il termine “vitale” - espressione di un ambiente vissuto e abitato dagli stessi cittadini su progetto di una Amministrazione comunale illuminata - indica una strada opposta sia al museo archeologico a cielo aperto, sia al villaggio turistico post-moderno tanto amato oggi dagli imprenditori che opera sul lago di Como. Il sistema territoriale e lacuale del Lario è rimasto perfettamente funzionante per duemila anni, fino alla definitiva realizzazione della strada carrozzabile a lago iniziata nel 1885 e terminata negli anni seguenti la prima guerra mondiale. Da quegli anni venti inizia una urbanizzazione in sempre più rapida accelerazione e con sempre minore attenzione all'identità culturale fino ai giorni nostri in cui, a fronte di convenzioni internazionali sul paesaggio e sulla tutela del patrimonio architettonico, di commissioni ministeriali, regionali, provinciali, intercomunali, si commettono i più scandalosi sfregi all'ambiente ad opera di coloro che sproloquiano tutti i giorni in dichiarazioni politiche per la salvezza delle identità locali.
Nella sradicata rivoluzione ambientale del secondo '900 è rimasto intatto, per miracolo, un piccolo insediamento, appunto il Motto, che contiene mille anni di cultura e di tradizioni. Ciò è avvento per l'assoluta mancanza di collegamenti stradali con un borgo immerso nel bosco ai margini estremi del comune di Cremia. Oggi si vuole distruggere questa ultima traccia della nostra storia: lo scempio è già iniziato abbattendo la centenaria pinetina antistante e continuerà con la realizzazione di una strada asfaltata dalla pendenza assurda che cancella uno stradello in acciotolato (Fig. 22) che circonda il vecchio borgo fino a fondo valle (Fig. 18) disegnando un paesaggio di cultura "romantica" (la stradina assente nel catasto teresiano del 1720 e presente nel catasto del Lombardo Veneto el 1854 (Fig. 16) può essere datata attorno alla fine del Settecento), per finire con la demolizione del borgo antico e del suo versante roccioso e la costruzione di un villaggio turistico post-moderno. Ci rifiutiamo di pensare che l’antico borgo con i suoi suggestivi scorci nati da una spontanea sapienza medievale (Fig- 27) e il nostro paesaggio, possano diventare territori espressivi di nuove insensate e sradicate identità contemporanee e ci batteremo con tutte le nostre forze e con tutti i nostri mezzi perché le convenzioni internazionali, le leggi nazionali e regionali vengano rispettate e che le numerose commissioni, sottocommissioni, amministrazioni, comunità montane e quant'altro, messe al corrente con ampia documentazione, si assumano le loro responsabilità in assoluta trasparenza. Tutto ciò non vuol dire pretendere un restauro conservativo del Motto ma far rivivere il borgo con modifiche funzionali , conservandone nel contempo la forte espressione identitaria come richiesto, senza nessuno spirito di integralismo ecologico, ma con volontà partecipativa e collaborativa, da noi primi nuovi abitatori, dalla comunità di famiglie italiane, tedesche e olandesi che abitando il Motto e le frazioni vicine e da tutti i cittadini interessate affinché lo scempio non avvenga. Speriamo che questa breve studio storico delle dinamiche insediative nel territorio comunale di Cremia e nel più vasto versante occidentale del Lario possa aiutare a comporre un Piano di Governo del Territorio dei quattro comuni del Bregagno che finalmente possa armonizzare sviluppo, storia, cultura e bellezza nel vero interesse, purtroppo inconsapevole, della cittadinanza. E’ utile ricordare che già il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (Como, Agosto 2006) prevede una particolare tutela dell’antico borgo del Motto - Elemento storico di difesa, Area complesso fortificato medievale - come dimostrano con chiarezza gli Allegati 1,2,3. I problemi della tutela del Motto di Cremia
Per questi motivi con molto piacere abbiamo aderito all'iniziativa dell'Amministrazione di Cremia che con lo strumento del VAS (valutazione ambientale strategica) intende giustamente ascoltare la voce degli abitanti con consultazione e formulazione di pareri motivati circa la il futuro PGT (Piano di governo del territorio) affinché nasca con criteri di pianificazione sostenibile e di rispetto storico- ambientale. Questo metodo della partecipazione accettato dall'Italia con la firma delle Convenzioni europee e in particolare della Convenzione di Aruhus nel 1998 (Sull'accesso alle informazioni , la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia di ambiente) non dovrà essere solo consultiva come recitano l'Articolo 8 : "I risultati della partecipazione del pubblico sono presi in considerazione nella misura più ampia possibile" . Alla luce di questo spirito di partecipazione e di trasparenza nei processi decisionali desideriamo offrire all'Amministrazione di Cremia alcune linee-guida inderogabili per chiunque abbia in atto progetti di ristrutturazione, recupero morfologico o di sviluppo turistico legati all'antico borgo del Motto: - Confermare nel futuro PGT (Piano di governo del territorio) la destinazione di ZONA A1 attualmente vigente riservate ai nuclei antichi del territorio con una particolare ulteriore attestazione che certifichi il riconoscimento del Motto come luogo di cultura storica e giacimento di saperi locali alla base del senso di appartenenza di tutta la comunità di Cremia. - Evitare qualunque normativa specifica eventualmente legata alle zone di sviluppo turistico che possa derogare le prescrizioni legate ai centri di interesse storico. - Tutelare con estremo rigore il territorio e l'ambiente immediatamente circostante il Motto, analizzando e studiando, in particolare, i gravi problemi di impatto ambientale che creerà la strada di collegamento tra Colceno e il Motto, attraversando un'area particolarmente dotata di valenze ambientali e storiche (per evitare la distruzione di una splendida stradina panoramica che corre lungo tutto il perimetro a valle dell’antico borgo murato). - Specificare la normativa e le prescrizioni relative a eventuali interventi di recupero edilizio: 1. Conservazione dell'attuale struttura urbanistica e morfologica del borgo con la specificazione delle parti da restaurare, le parti da ristrutturare e quelle ( già crollate) da destinare al regime di sostituzione edilizia (demolizione e ricostruzione integrale). 2. Conservazione di tutti i materiali edilizi caratteristici dell'edilizia spontanea locale di tradizione medievale: pietra a vista per le murature; coppi in cotto per le coperture; pietra e acciottolati per le pavimentazioni esterne; travi e tavolati in legno per le mansarde e i sottotetti, e per i terrazzi aggettanti; cotto, similcotto, pietra e legno per le pavimentazioni interne; finestre in legno. 3. Consentire e regolamentare eventuali varianti delle facciate con nuove finestre o spostamento delle esistenti che garantiscano una più funzionale distribuzione degli spazi all'interno delle abitazioni. Finalità e proposte 4. Consentire e regolamentare lo sfruttamento dei sottotetti, limitando al massimo le variazioni dell'altimetria dei corpi di fabbrica. 5. Specificare e regolarizzare eventuali aumenti di volumetria legati all'adeguamento funzionale igienico. 6. Specificare il materiale e il colore di eventuali superfici esterne rivestite con intonaco, secondo rigorosi criteri estetici e storici derivati dallo studio dell'antica architettura lariana. 7. Richiedere un progetto paesistico che evidenzi la sistemazione del verde circostante con specifica di eventuali abbattimentidi piante e di nuove piantumazioni. Concludendo sollecitiamo tutte le Amministrazioni dei comuni della riviera del Bregagno, le Comunità Montane e le Commissioni dell’ambiente a proseguire la strada dell‘attenzione, della consultazione e della partecipazione al fine di garantire uno sviluppo del territorio in piena armonia con la definizione di paesaggio e della sua tutela ormai universalmente acquisita: "Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità storiche culturali e ambientali il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni"
Cremia 20. 2. 2010 Arch. Giorgio Pajetta arch.pajetta@libero.it
Bibliografia Mariuccia Belloni Zecchinelli: Panoramica delle fortificazioni sul Lago di Como, Atti del Connvegno di Villa Monastero,1971, Ed. Cairoli, Como - La strada Regina nella storia e nel paesaggio, 1960, Ed. Cesare Nani, Como - La torre di Olonio, in Il sistema fortificato dei laghi Lombardi”, 1974, Ed. Cairoli, Como Carlo Perogalli:Il tipo del Castello-recinto sul lago di Como, in Le fortificazioni del lago di Como, Atti del Connvegno di Villa Monastero,1971, Ed. Cairoli, Como - Castelli in Lombardia, Milano, 1969 Mario Mirabella Roberti: La fortezza tardo romana di S. Maria Rezzonico, Atti del Connvegno di Villa Monastero,1971, Ed. Cairoli, Como Pietro Pensa: Le antiche vie di comunicazione del territorio orientale del Lario e le loro fortificazioni, in “Il sistema fortificato dei laghi Lombardi”, 1974, Ed. Cairoli, Como.- Il Castelvedro di Dervio in “RAC”, Como, 1976, n. 156-157. G.R. Orsini: La stirpe dei Castelli, in “Periodico storico comense”, 1954. Pietro Gazzola: Opportunità di una visione territoriale nello studio delle strutture fortificate,in Le fortificazioni del lago di Como, Atti del Connvegno di Villa Monastero,1971, Ed. Cairoli, Como. Antonella Regalini: E quel filo d’Arianna era di seta. 1998 Albano Marcarini:Il sentiero della Regina, Lyasis edizioni, Sondrio, 2005 Albano Marcarini: La strada Regia, Lyasis edizioni, Sondrio, 2007 Frigerio, Luraschi, Martello: L’antica via Regina. Tra gli itinerari stradali e le vie d’acqua del comasco, Ed. Società archeologica comense, 1995 Roberto Scofienza: Cenni di storia e archeologia sull’incastellamento altomedievale nell’Italia del nord e sulla situazione Piemontese. da “Armi antiche. Bollettino dell’Accadmia di San Marciano - Torino”, 1998 (2002). Aldo Settia: Castelli e villaggi nell’Italia Padana. Popolamento, potere e sicurezza tra IX e XII secolo, Napoli 1984. Aldo Settia: Proteggere e dominare. Fortificazioni e popolamento nell’Italia medievale, Roma, 1959 G. Colmuto Zanella: Territorio e Fortificazioni, Quaderni dell’Ateneo di Scienze, Arti e Lettere, Bergamo, 1999. Micaela Viglino, Elena Dellapiana : Dal castrum al castello residenziale, Ced, 1999 Ester Lorusso: a cura di, Catalogo ragionato delle opere di fortificazione Edoardo Bregani: Il territorio e la storia, in “Cremia frammenti di storia”, Nuova Editrice Delta, 2009) Luciano Roncai, Pier Sergio Allevi: Architettura fortificata in Lombardia, Atti del convegno, Milano 1987 Giovanna Bonora Mazzoli: Ricerche di topografia antica, 2004-2007 Marina Uboldi: Contributo allo studio dei castra in territorio lariano in Tardo antico e tardo Medioevo tra Lario aorientale e Milano, Lecco, 2009 Antonio Cassi Ramelli: Fortificazioni del Lago di Como, Tourig Club Italiano, Milano 1971 Matteo Dolci: Fortificazioni bizantine e longobarde sul Lario, tra vie di valico e vie d’acqua, in Ai confini dell’impero: insediamenti e fortificazioni bizantine nel Mediterraneo occidentale (VI - VIII sec), Atti del convegno di Studi Liguri, Genova-Bordighera 2002 Tiberia De Matteis: Repertorio, in “Castelli d’Italia e i più grandi d’Europa” Hobby & Work Itiana Editrice, Milano 1995. “Residenza fortificata Motto Cremia”- “Nella frazione di Motto è situata una residenza fortificata del sec.XV in pietra locale circondata da alcuni ruderi fra cui la base di una torre in pietre squadrate. L'edificio, a pianta quadrata, è stato recentemente rimareggiato e modificato per essere adattato ad abitazione dopo un lungo periodo di abbandono e rovina” Diploma Castelli Italia: Repertorio Nazionale dei Castelli d'Italia: DCI-CO044 Residenza fortificata Motto Cremia. Casa Oggi: Era un’antica torre di guardia, Di Baio Editore, Milano, Luglio-Agosto 1985. Il Rustico, Supplemento di Case di Montagna, Era un’antica torre di guardia, Di Baio Editore, Milano, 1991
Allegati [omissis]
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