Archeologia, archeologi e conservazione 26-07-2010 Umberto Broccoli
Discorso di presentazione al
Tavolo tecnico per la definizione della tipologia di opere ricadenti nella tipologia OS2. Presentazione di uno studio tecnico per la tutela delle superfici di pregio in Italia, Associazione Restauratori d'Italia
Abituiamoci. Abituiamoci a riscoprire e a conservare il nostro passato: un paese senza rispetto per il passato è un paese senza futuro. Abituiamoci a vivere quel passato e (chi ci lavora dentro) a considerare vivo quel passato. Non imbalsamiamo i monumenti: lasciamoli alla gente, perché sono nati con il lavoro degli uomini e hanno ospitato gli uomini. Crearne delle reliquie lontano dagli uomini, significa tradirne il significato. Far parlare le pietre antiche e spiegarsi come fare per ascoltare e farsi raccontare le storie della nostra storia. Chiaramente, pacatamente, semplicemente. Noi ci abbiamo provato, riscoprendo quanti son venuti qui e hanno visto quelle pietre, amato quei colori, rubato emozioni. Per questo il restauro è indispensabile. Ho lavorato un tempo sufficiente in questo settore. Sufficiente per vedere l'evoluzione delle tec¬niche nel restauro, sempre meno stregonerie sull'antico, sempre più professionalità al servizio dell'antico. I restauratori italiani: i migliori del mondo. Ho sperimentato direttamente tutto questo ad Acco, in Galilea, (Israele). Là 1'Israel Antiquities Autority (IAA) ha voluto un "Cen¬tro di restauro Città di Roma", dove far confluire le esperienze dei tecnici italiani per collaborare con gli studiosi israeliani. Spesso non ci rendiamo conto di quanto abbiamo: non ci rendiamo conto né del nostro patrimonio, né del patrimonio dei nostri specialisti: ambedue risorse per la cultura internazionale. Per cui diamo per scontato il Colosseo, nonché chi sul Colosseo ha lavorato per fare in modo di con¬servarne 1e strutture come messaggio del mondo antico al mondo mo¬derno. Presentare questo convegno, per me significa recuperare il passato: anche il mio passato. Quello dell'archeologo militante che, alle prese con lo scavo, compie due gesti: scopre e ricostruisce. II primo con le mani, il secondo con il pensiero. Ogni ricerca delle origini è ricerca di futuro. E quando con le mani nella terra si scova un frammento di passato è la fantasia ad entrare in gioco. Non dobbiamo aver paura di ricostruire. Più o meno filologicamente. Ogni opera dell'ingegno è una costruzione dal nulla o una ricostruzione. Basata sì su elementi e dati scientifici, ma anche libera, audace, capace di immaginare ... come quel monumento era in origine, come lo aveva voluto l'artista, come lo vedeva la gente. Che si tratti del Colosseo (ricoperto di marmo e "riempito" di statue) del co¬lore michelangiolesco della Sistina o di quello di un affresco appan¬nato dal tempo. E' questo sforzo di fantasia che ci avvicina all'artista, ce lo rende amico. Ed è per questo che è necessario recuperare quell’amicizia: con il restauro. Così è accaduto a me quando affrontavo le campagne di scavo. E im¬maginavo mondi lontanissimi. Quei mondi di cui sai pochissimo e dei quali sei alla ricerca dalle tracce più semplici: un frammento di terra¬cotta, un resto di metallo, uno scarto qualsiasi. Allora - scavando - sogni di riascoltare le voci di ci ha tenuto in mano quell’oggetto, messaggio muto arrivato in diretta dai secoli del passato. Scavando, pensi di poter sognare di nuovo i movimenti delle persone, sparite in quella stessa terra millenni prima. Ti senti avvolto dalla storia, senza essere oppresso dai nomi ridondanti della storia. La storia ti circonda con le vicende quotidiane degli uo¬mini come noi, alle prese con una tazza, con un bicchiere, con un pezzo di pane, con la voglia di vivere senza immaginare - minimamente - di dover rientrare nella terra, per essere riscoperti, per caso, dagli stru¬menti degli archeologi. E ti rendi conto di essere piccolo nei confronti della storia, anche se sai di appartenere - pur piccolo - alla storia. ... poi ti svegliano. Ti svegliano i colleghi, rigorosi, rigoristi, sempre contraddetti fra serietà e seriosità e, inconsapevoli prigionieri della seconda. Persone seriose, non serie. E, non senza qualche supponenza, ti ricordano come tutto questo deve essere scienza, che nella scienza non entrano le emozioni, che 1e ricostruzioni si devono fondare sulla tecnica, che è necessario parlare con il linguaggio scientifico, che non bisogna sorridere troppo, che le ipotesi vanno documentate, che alla fine se al museo ci vanno in pochi "chissenefrega" perché noi archeologi sappiamo, decidiamo, discutiamo, scaviamo, esponiamo, ci rico¬nosciamo tra di noi, noi, noi, noi... ...in una grandinata esponenziale di insicurezze vestite di seriosità, piovute a spegnere gli entusiasmi delle passioni verso il mondo an¬tico. E, tradizionalmente, alla pioggia e alla grandine ho preferito il sole. Anche perché (fortunatamente) dopo la pioggia è possibile ve¬dere l'arcobaleno. Chi restaura permette tutto questo: permette di rivedere oggi, il mondo di ieri. Permette quel viaggio nel tempo con biglietto di andata e ri¬torno. All'andata, senza bagagli. Al ritorno, con tanti ricordi recupe¬rati da quei mondi lontanissimi dove gente come noi, ha vissuto, amato, sofferto, sorriso, pianto nel transito terrestre chiamato vita. Conservare e restaurare il passato è il biglietto di viaggio per il futuro. Umberto Broccoli Sovraintendente ai Beni Culturali del Comune di Roma
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