La tutela e la conservazione del patrimonio culturale durante il pontificato di Alessandro VII Chigi (1655-1667) Manuela Colelli (manuela.c@email.it) Università Scuola di Specializzazione in Storia dell'arte medioevale e moderna, Relatori: Prof. Valter Curzi
Nell’ambito della cattedra di Legislazione dei beni culturali è stato avviato un progetto di studio e di ricerca sulla storia della tutela e della conservazione del patrimonio culturale nello Stato Pontificio. Lo Stato Pontificio possiede, come è noto, la più antica tradizione in materia di tutela dei beni culturali. Ciò trova una delle spiegazioni proprio nella ricchezza del patrimonio artistico ed archeologico che Roma può vantare. La consapevolezza di questo patrimonio fece avvertire già nel corso del XV secolo l’esigenza di una codificazione di leggi in grado di sottrarre le opere d’arte e i monumenti al rischio di dispersione e distruzione. Studiare la legislazione artistica degli anni preunitari significa recuperare una mole considerevole di documenti e fonti d’archivio, per lo più ancora inediti. La mia ricerca è partita dall’analisi delle raccolte di bandi ed editti conservate nella Biblioteca Casanatense e nell’Archivio di Stato di Roma ed è proseguita indagando i fondi archivistici legati alle magistrature camerali e municipali deputate alla tutela, quali il Cardinale Camerlengo, i Maestri di Strade, i Conservatori. Gli editti Aldobrandini (1624), Sforza (1646), Barberini (1655), ed Altieri (1686), che costituiscono la più organica e completa espressione della legislazione seicentesca in materia di tutela del patrimonio culturale sono ormai conosciuti e ampliamente commentati dalla critica. Restano tuttavia da indagare quei provvedimenti pontifici e comunali, legati a singoli monumenti, o ad aspetti più “quotidiani” della conservazione, che contribuiscono comunque a restituirci un panorama maggiormente articolato sulla storia della tutela. Questo il contributo che spero di aver apportato con la mia ricerca. La tutela e la conservazione delle opere d’arte, in primo luogo antiche, ma anche più recenti, costituisce nel XVII secolo un aspetto imprescindibile della politica pontificia, denso di risvolti politici, sociali ed economici. Nell’editto emanato dai Maestri delle Strade il 19 gennaio 1660, sull’ampliamento delle strade, sono ben specificate le motivazioni che stanno alla base del programma urbanistico e di politica culturale perseguito da Alessandro VII: «Invigilorno in ogni tempo i Sommi Pontefici alla magnificenza di quest’Alma Città. A tal effetto in varie occasioni fecero fare gettiti per rendere più nobili le piazze…, slargar le strade…, condurre le Acque…, e restaurar gl’antichi Edifitii». Un aspetto che stava particolarmente a cuore ad Alessandro VII era la cura dell’immagine e del decoro della città. Sono emersi alcuni interessanti provvedimentii che impongono ai cittadini il rispetto nei confronti dei più importanti luoghi ed edifici monumentali della città. Uno di questi editti è quello emanato dai Conservatori, il 5 settembre 1656, che vieta di rovinare le statue e le fontane che si trovano nei palazzi e nella piazza del Campidoglio: «Perchè non è cosa conveniente che le Statue, quali sono nel Palazzo, e Piazza del Campidoglio, siino rovinate, e rotte, con occasione di salirvi sopra, ò con giocarvi, essendovi stati spesi molti denari in restaurarle, e mantenerle, e che debbia anco stare detto Palazzo, e Piazza pulita, si come anco le Fontane. Per tanto volendo l’Illustrissimi Signori Conservatori rimediare a tali disordini; Ordinano, e commandano, che niuno ardisca di tirar sassi alle Statue che sono in esso Palazzo, e Piazza, ne meno attaccarvi conclusioni, ne altre carte, e in particolare nella Statua, e Cavallo di bronzo di Marc’Aurelio, ne salire nelli piedistalli d’esse statue, ne meno imbrattarle, sotto le pene infrascritte. Prohibiscono anco che non si possino fare, ne portare immondizie, bestie morte, calcinacci, terra, ne simile altra sorte di robba nel Palazzo, e Piazza di esso Campidoglio, ne attorno, e vicino alle balaustrate della calata dell’una, e l’altra parte del Campidoglio, ne meno si possa giocare a qualsivoglia giuoco etiam palla, o boccie, nel detto Palazzo, o Cortile. Si proibisce anco a tutte le Lavandare, o altre, che non possino per l’avvenire lavare panni, o in qualsivoglia altro modo intorbidare, o imbrattare le acque delle fontane di detta Piazza, Piazza Giudia, Piazza Mattei, Popolo, Navona, Colonna, e Montanara, ne attaccar corde alle dette balaustrate, statue, o piedistalle di esse con conficcarvi chiodi, o simili altri instrumenti, sotto pena per ciascheduna volta, che contraverrà a qualsivoglia delle cose sudette di scudi 25 e di tre tratti di corda, e alle Donne sotto pena della frusta, e perdita delli panni rispettivamente, dando auttorità a qualsivoglia sbirro, che possa cercare chi contraverrà, facendoli scrivere ad instanza di essi Signori Conservatori. Dat. dal Campidoglio il di 5 Settembre 1656».
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