VII Commissione Senato - seduta del 12 ottobre 2004 (intesa con la CEI per tutela beni eccelsiatici) 2004-10-12
PROCEDURE INFORMATIVE
Seguito del dibattito sulle comunicazioni del Ministro per i beni e le attività culturali, rese nella seduta del 5 ottobre 2004, sullo schema di intesa con il Presidente della Conferenza episcopale italiana in ordine alla tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti e ad istituzioni ecclesiastiche
Riprende il dibattito sospeso nella seduta dal 5 ottobre scorso, nel corso della quale - ricorda il PRESIDENTE - si erano svolte le comunicazioni del ministro Urbani e si era avviato il dibattito, con l'intervento del senatore Monticone.
Interviene indi la senatrice ACCIARINI (DS-U), la quale sottolinea anzitutto l'importanza del tema relativo alla tutela dei beni culturali di interesse religioso, in considerazione dell'ingente patrimonio ecclesiastico presente nel Paese, fra cui ricorda le 85.000 chiese, le 5.500 biblioteche, i 25.000 archivi, i 605 musei, oltre ai numerosissimi beni mobili di rilevante pregio culturale. L'atto in titolo, ella prosegue, si inserisce in un contesto normativo in continua evoluzione e che, a seguito dei numerosi interventi, appare il risultato di una stratificazione di normative ed atti approvati negli ultimi decenni. In proposito, la senatrice dà conto anzitutto dei principi del Concilio Vaticano II e del documento della Conferenza episcopale italiana (CEI) relativo alle norme sulla tutela e la conservazione del patrimonio artistico della Chiesa in Italia, che precedette l'Accordo del 18 febbraio 1984 di modificazione del Concordato. In esso convergono sia l'interesse pubblico dello Stato italiano, sia quello religioso, di cui rileva la dimensione collettiva, non trattandosi di mero interesse privato. Dopo aver richiamato l'articolo 831 del codice civile, il quale prevede che i beni degli enti ecclesiastici sono assoggettati alle norme statali, per quanto non diversamente disposto dalle leggi che li riguardano, ella ricorda che nel citato documento del 1974 si attribuisce allo Stato italiano il diritto-dovere alla conservazione del patrimonio ecclesiastico e si riconosce un ruolo strategico alle sovrintendenze regionali. Si sofferma indi sull'articolo 12 del richiamato Accordo del 1984, il quale demanda agli organi competenti delle parti l'individuazione di opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni ecclesiastiche, sottolineando anzitutto che esso non dà adeguato rilievo alla dimensione locale ed in particolare al ruolo delle sovrintendenze. Dopo aver accennato brevemente al Codice canonico del 1983 e all'ulteriore documento della CEI relativo ai beni culturali della Chiesa in Italia del 1992, ella si sofferma poi sulla prima Intesa fra l'Italia e la Santa Sede (recepita nella scorsa legislatura con il decreto del Presidente della Repubblica n. 571 del 1996) che ha dato una prima attuazione all'articolo 12 del richiamato Accordo del 1984, dal quale ella osserva che occorre partire per comprendere le modifiche proposte nell'atto in titolo. Al riguardo la senatrice sottolinea anzitutto come le due Intese abbiano molti punti in comune, come mostra ad esempio l'articolo 1 che demanda l'attuazione della collaborazione, a livello centrale, al Ministro e al Presidente della CEI e, a livello locale, ai sovrintendenti e ai vescovi diocesani. Entrando altresì nel merito delle differenze fra le due Intese, ella stigmatizza anzitutto il riferimento, a suo avviso generico, recato dall'articolo 2, comma 5, primo periodo, alla circostanza che gli interventi di conservazione dei beni culturali di interesse religioso siano eseguiti da personale qualificato. Al riguardo, ritiene non sufficientemente specificate le competenze richieste al personale in questione. Esprime altresì la propria contrarietà in merito alla procedura, contemplata all'articolo 2, comma 5, quarto periodo, relativa agli interventi di conservazione da effettuarsi negli edifici aperti al culto, con riferimento alla disposizione secondo cui, qualora non sia possibile giungere ad un accordo a livello locale o regionale, il capo dipartimento competente impartisce le direttive idonee ad individuare una soluzione adeguata. Ritiene infatti che detta procedura, peraltro presente in altri passaggi dell'Intesa (articolo 5, comma 3, e articolo 6, comma 2), comporti un'eccessiva centralizzazione delle competenze, che ella giudicherebbe invece opportuno mantenere in capo ai sovrintendenti. Detta centralizzazione della competenza in ordine all'adozione di decisioni prettamente tecnico-scientifiche risulta a suo avviso oltretutto in contrasto sia con la recente riorganizzazione del Ministero, ispirata ad una logica di decentramento, sia con il nuovo Titolo V della Costituzione, che riconosce alle regioni ampie attribuzioni in materia.
Il seguito del dibattito è rinviato.
La seduta termina alle ore 16,30. |