A.C. 1798-D - QUESTIONI PREGIUDIZIALI DI COSTITUZIONALITÀ 2004-11-23
Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione (Approvato dalla Camera, modificato dal Senato, nuovamente modificato dalla Camera e dal Senato).
N. 1.
Seduta del 23 novembre 2004 La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 37, del testo trasmesso dal Senato, sostanzialmente reitera, estendendola ai beni sottoposti a vincolo paesaggistico e quindi aggravandola, l'improvvida, destabilizzante e diseducativa misura di condono già prevista in materia edilizia dal decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269;
come limpidamente argomentato dalla Corte Costituzionale, nelle note sentenze n. 369 del 1988, nn. 416 e 427 del 1995, il provvedimento di condono può considerarsi plausibile sotto il profilo della costituzionalità solo nel rispetto di ben precisi criteri e in presenza di delimitate circostanze. Secondo tale costante orientamento,«la non punibilità e la non procedibilità, di cui ai moderni condoni penali, specie quando cancellano reati lesivi di beni fondamentali della comunità, va usata negli stretti limiti consentiti dal sistema costituzionale; quest'ultimo precisa (ed in maniera non generica) fondamento, finalità e limiti dell'intervento punitivo dello Stato. Contraddire, vanificare, sia pur temporaneamente, le ragioni prime della punibilità, attraverso l'esercizio arbitrario della non punibilità, equivale non soltanto a violare l'articolo 3 Cost., ma ad alterare, con il principio dell'obbligatorietà della pena, l'intero volto del sistema costituzionale in materia penale». Pertanto, tale ipotesi deve «trovare giustificazione in un principio di ragionevolezza, che, solo, può consentire il vaglio di costituzionalità», mentre una sua reiterazione - come nel caso del provvedimento in questione - «non troverebbe giustificazione sul piano della ragionevolezza, in quanto finirebbe col vanificare del tutto le norme repressive di quei comportamenti che il legislatore ha considerato illegali perché contrastanti con la tutela del territorio». E coerentemente - e, forse, in maniera lungimirante - la Corte ha ammonito il legislatore dal riproporre misure analoghe, preannunciando che in tal caso «differenti sarebbero i risultati della valutazione sul piano della ragionevolezza, venendo meno il carattere contingente e del tutto eccezionale della norma (con le caratteristiche della singolarità ed ulteriore irripetibilità) in relazione ai valori in gioco, non solo sotto il profilo della esigenza di repressione dei comportamenti che il legislatore considera illegali e di cui mantiene la sanzionabilità in via amministrativa e penale, ma soprattutto sotto il profilo della tutela del territorio e del correlato ambiente in cui vive l'uomo. La gestione del territorio sulla base di una necessaria programmazione sarebbe certamente compromessa sul piano della ragionevolezza da una ciclica o ricorrente possibilità di condono-sanatoria con conseguente convinzione di impunità»;
la peculiare natura dei beni compromessi dall'illecito configura inoltre un'ulteriore violazione della Carta costituzionale, in quanto vanifica la particolare tutela prevista per i beni paesaggistico-ambientali «considerata - giuste le sentenze n. 151 del 1986, n. 417 del 1995, nn. 259 e 419 del 1996, richiamate dall'ordinanza n. 46 del 2001 della Corte Costituzionale - tra i principi fondamentali della Costituzione come forma di tutela della persona umana nella sua vita, sicurezza e sanità, con riferimento anche alle generazioni future, in relazione al valore estetico-culturale assunto dall'ordinamento quale valore primario ed assoluto insuscettibile di essere subordinato a qualsiasi altro». Tale violazione, oltretutto, è resa ancora più evidente dallo stridente contrasto della norma ricordata con lo spirito e la lettere della Convenzione europea del Paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre del 2000 e di cui il Parlamento sta per autorizzare la ratifica;
l'accertamento di compatibilità paesaggistica, presupposto per l'estinzione del reato, è strettamente connesso con i contenuti di piani paesistici la cui elaborazione è rimessa dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n 42 alle regioni, per cui, mancando la determinazione di criteri o principi di riferimento volti a garantire un'uniforme applicazione su tutto il territorio nazionale, carenza ancora più grave essendo venuto meno il potere statale di annullamento, si produce una evidente lesione del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge - a maggior ragione in materia penale - sancito dall'articolo 3 della Costituzione,
delibera di non procedere ulteriormente nell'esame del provvedimento. n. 1. Vigni, Realacci, Lion, Vendola, Pappaterra, Bellillo, Nesi, Vianello, Calzolaio, Abbondanzieri, Bandoli, Chianale, Dameri, Raffaella Mariani, Piglionica, Sandri, Zunino.
La Camera,
premesso che:
il comma 37 dell'articolo unico del provvedimento in esame è in sostanza la riproposizione - estesa ai beni sottoposti a vincolo paesaggistico - delle misure in materia di condono edilizio di cui al decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269;
prima ancora che sul piano del diritto costituzionale, ogni ipotesi di sanatoria edilizia rappresenta un'intollerabile ingiustizia in quanto provvedimento premiale di comportamenti giuridicamente scorretti;
la stessa Corte Costituzionale, attraverso le sentenze n. 369 del 1988, nn. 416 del 1995 e 427 del 1995, ha stabilito che il provvedimento di condono può considerarsi plausibile sotto il profilo della costituzionalità solo nel rispetto di ben precisi criteri e in presenza di delimitate circostanze; secondo tale costante orientamento, «la non punibilità e la non procedibilità, di cui ai moderni condoni penali, specie quando cancellano reati lesivi di beni fondamentali della comunità, va usata negli stretti limiti consentiti dal sistema costituzionale; quest'ultimo precisa (ed in maniera non generica) fondamento, finalità e limiti dell'intervento punitivo dello Stato. Contraddire, vanificare, sia pur temporaneamente, le ragioni prime della punibilità, attraverso l'esercizio arbitrario della non punibilità, equivale non soltanto a violare l'articolo 3 Cost., ma ad alterare, con il principio dell'obbligatorietà della pena, l'intero volto del sistema costituzionale in materia penale». Pertanto, tale ipotesi deve «trovare giustificazione in un principio di ragionevolezza, che, solo, può consentire il vaglio di costituzionalità», mentre una sua reiterazione - come nel caso del provvedimento in questione - «non troverebbe giustificazione sul piano della ragionevolezza, in quanto finirebbe col vanificare del tutto le norme repressive di quei comportamenti che il legislatore ha considerato illegali perché contrastanti con la tutela del territorio». E coerentemente - e, forse, in maniera lungimirante - la Corte ha diffidato il legislatore dal riproporre misure di analogo tenore, preannunciando che in tal caso «differenti sarebbero i risultati della valutazione sul piano della ragionevolezza, venendo meno il carattere contingente e del tutto eccezionale della norma (con le caratteristiche della singolarità ed ulteriore irripetibilità) in relazione ai valori in gioco, non solo sotto il profilo della esigenza di repressione dei comportamenti che il legislatore considera illegali e di cui mantiene la sanzionabilità in via amministrativa e penale, ma soprattutto sotto il profilo della tutela del territorio e del correlato ambiente in cui vive l'uomo. La gestione del territorio sulla base di una necessaria programmazione sarebbe certamente compromessa sul piano della ragionevolezza da una ciclica o ricorrente possibilità di condono-sanatoria con conseguente convinzione di impunità»;
l'accertamento di compatibilità paesaggistica, presupposto per l'estinzione dei reato, è strettamente connesso con i contenuti di piani paesistici la cui elaborazione è rimessa dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 alle regioni, per cui, mancando la determinazione di criteri o principi di riferimento volti a garantire un'uniforme applicazione su tutto il territorio nazionale, carenza ancor più grave essendo venuto meno il potere statale di annullamento, si produce una evidente lesione del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge - a maggior ragione in materia penale - sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
la peculiare natura dei beni compromessi dall'illecito configura infine una ulteriore violazione del dettato costituzionale, in quanto vanifica la particolare tutela prevista per i beni paesaggistico-ambientali «considerata - giuste le sentenze n. 151 del 1986, n. 417 del 1995, nn. 259 e 419 del 1996, richiamate dall'ordinanza n. 46 del 2001 della Corte Costituzionale - tra i principi fondamentali della Costituzione come forma di tutela della persona umana nella sua vita, sicurezza e sanità, con riferimento anche alle generazioni future, in relazione al valore estetico-culturale assunto dall'ordinamento quale valore primario ed assoluto insuscettibile di essere subordinato a qualsiasi altro». Tale violazione, oltretutto, è resa ancora più evidente dallo stridente contrasto della norma ricordata con lo spirito e la lettera della Convenzione europea del Paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre del 2000 e di cui il Parlamento sta per autorizzare la ratifica,
delibera di non procedere ulteriormente nell'esame del provvedimento. n. 2. Boato, Lion, Pecoraro Scanio, Bulgarelli, Cento, Cima, Zanella.
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